COBOLLI GIGLI: DISTRIBUZIONE MODERNA IN AFFANNO, MA L’ORTOFRUTTA “PRIVATE LABEL” HA AMPI MARGINI

COBOLLI GIGLI: DISTRIBUZIONE MODERNA IN AFFANNO, MA L’ORTOFRUTTA “PRIVATE LABEL” HA AMPI MARGINI
La distribuzione moderna, per la prima volta nella sua storia, perde terreno rispetto agli altri canali di vendita e in termini di fatturato assoluto, ma rappresenta ancora il principale punto di riferimento per la commercializzazione di ortofrutta, con quasi il 60% del totale. E tuttavia, le prospettive e lo scenario di riferimento non inducono certo all'ottimismo, come ha spiegato il presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli, in occasione del convegno di presentazione del 14mo Rapporto Mercato Frutta & Verdura 2013 di Mark Up Sole 24 Ore realizzato da Agroter e dedicato al tema dei consumi (cfr. Italiafruit News del 13 dicembre 2013).
Rispetto agli altri canali di vendita, nell'anno terminante a luglio 2013, iper, supermercati e superette hanno fatto segnare una sia pur lieve flessione dei quantitativi di frutta e verdura venduti (49% a fronte del 49,7% registrato dodici mesi prima) tenendo invece in valore (da 51,6 a 51,7%). E' andata meglio ai discount, evoluti a tal punto da poter essere ormai considerati a tutti gli effetti "attori" della moderna distribuzione, cresciuti rispettivamente, per le due voci, dal 7,5% al 7,8% e dal 6,6% al 7,1%.
Indipendentemente dai dati, il 2013 è stato anno molto pesante segnato, oltre che dalla crisi, dal "depauperamento" finanziario delle catene distributive in seguito alla piena applicazione dell'articolo 62. Cobolli Gigli ha espresso grande preoccupazione per i prossimi mesi: "Il quadro non è favorevole", ha spiegato alla platea proiettando alcune slides. "Le spese "obbligate", balzate dal 33,5% al 43,1% nel periodo dal 1991 al 2011 hanno significativamente eroso la quota che le famiglie possono destinare agli acquisti al dettaglio, crollati infatti dal 38,9% al 22,8% in vent'anni. Il food è scivolato dal 19,2% al 12% e oggi vale 117 miliardi di euro. I consumi liberi, come alberghi, ristoranti, spettacoli, sono saliti dal 27,6% al 34,1% ma nel 2012 hanno a loro volta segnato il passo. Siamo vittime di tariffe e oneri che crescono senza sosta; nei punti vendita al dettaglio i decrementi di vendite sono divenuti più significativi a partire dal 2008, con l'inizio della crisi, e si erano interrotti nel 2010, facendo illudere che si fosse alla fine del tunnel. Così non è stato e nel 2013 vi è stato un aggravio che ha coinvolto il settore alimentare, che chiude in negativo dell'1,3%".
Federdistribuzione è scettica sulla possibilità di una ripresa nel biennio 2014-2015 "perché le previsioni di lieve crescita del Pil non tengono conto della legge di stabilità". Insomma, ha aggiunto Cobolli Gigli, il quadro è sconfortate, con consumi in apnea, redditi fermi, tasso di  disoccupazione elevato e pressione fiscale a livelli di guardia, superiore al 44%. "Lo Stato deve rendersi conto che se non si rilanciano i consumi e si punta sul terziario che esprime il 70% del Pil, da questa empasse non si esce", ha aggiunto Cobolli Gigli.
L'auspicio di Federdistribuzione è che spending review e vendita del patrimonio dello Stato consentano di aiutare le famiglie meno abbienti per riportare la gente nei supermercati, "ma bisognerà vedere se si riuscirà a fare e in quale misura".
La distribuzione moderna sta tutelando il potere d'acquisto, assorbendo aumento dei costi e inflazione, ha aggiungo l'ospite del convegno milanese, a fronte di una marginalità sempre più bassa.
E poi la mazzata "figlia" dell'articolo 62: "Avevamo previsto, su base annua, un travaso dalla distribuzione alla produzione, sotto forma di anticipazione media, di 6 miliardi di euro e così è stato. I proventi finanziari sono crollati dai 513 miliardi di euro del 2012 a 34 miliardi di euro del 2013, con una redditività attestata allo 0,6%".
Dopo aver manifestato l'auspicio che non vengano rimesse in discussione liberalizzazione degli orari e delle aperture ("le Regioni hanno troppo potere..."), Cobolli Gigli si è addentrato sulle specificità del reparto ortofrutta affermando che "la marca privata ha un'enorme potenzialità e grandi margini di crescita visto che in Italia vale solo 17,6%: dobbiamo lavorare tutti insieme, a livello di filiera, su questo fronte". Secco "no", invece, allo spazio obbligato in Gd per i prodotti a "km zero" mentre "un patto virtuoso tra distribuzione moderna e mondo della produzione per comunicare insieme qualità, sicurezza e caratteristiche nutrizionali dei prodotti ortofrutticoli va senz'altro perseguito".
In definitiva, l'intervento del numero uno dell'organismo che rappresenta la Dm ha confermato che se la produzione piange la distribuzione certo non ride. Urge dunque, come ha sottolineato Roberto Della Casa di Agroter in occasione del convegno, un'alleanza di ampio respiro in grado di coinvolgere chi opera nella supply chain perché senza l'apporto della Gdo è difficile pensare di far crescere, quantitativamente e qualitativamente, i consumi.
Un'integrazione basata su nuove regole di ingaggio per alzare il valore della proposta al cliente, per competere per quote "di pancia" oltre che per quote di portafoglio, con i prodotti dell'industria. La "categorizzazione" può essere lo strumento per invertire il trend negativo assecondando la forte spinta verso la marca commerciale quale strumento di garanzia per il cliente laddove la marca del produttore non esiste, puntando sulla qualità distintiva e segmentando la proposta di ciascun retailer. La moderna distribuzione si è dimostrata canale versatile, in grado di "costruire" il successo su larga scale di specialità un tempo di nicchia come radicchio di Treviso, nocciola di Giffoni e molte altre ancora: anche questo un plus da tenere in considerazione. (m.a.)

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