Nutrire la città che cambia: Okra, difficile inserimento

Tempi lunghi per l'ortaggio tropicale trapiantato nei terreni lombardi

Nutrire la città che cambia: Okra, difficile inserimento
Cerca di farsi largo anche nei campi italiani, sia pure tra non poche difficoltà di adattamento, il gombo, anche noto come okra, ortaggio che trova la sua origine nell'Africa tropicale, molto apprezzato anche nelle cucine del Sud-Est Asiatico: è uno dei protagonisti di "Nutrire la città che cambia", progetto finalizzato a inserire colture non comunitarie all'interno della produzione italiana di cui Italiafruit ha scritto anche nelle scorse settimane.  Ha l'aspetto di un peperoncino pentagonale, si presenta di colore verde (ne esiste anche una varietà rosso-violacea, più rara), ricoperto di una sottile peluria simile a quella dei germogli di zucche e zucchine. 

Nel mese di giugno la società Agricola Corbari di Cernusco sul Naviglio (Milano) ha fornito alle aziende aderenti al progetto piantine di okra dell'altezza di circa 15 centimetri. 
Nelle aziende dove il trapianto non ha avuto successo si è provato a piantare i semi forniti dall'associazione senegalese Sunugal, che li ha fatti pervenire direttamente dal Paese africano. La consegna è avvenuta solo nel mese di luglio: troppo tardi per avere risultati apprezzabili visti anche il clima avverso dell'estate.

In generale la crescita, come riferiscono i promotori del progetto (Associazione solidarietà e sviluppo e Confederazione italiana Agricoltori),  risulta stentata e le piante non riescono ad arrivare a produrre fiori, tranne per un'azienda presso la quale la coltivazione ha avuto successo. 

Curiosità: si sono cimentati nella coltivazione di gombo anche due studenti dell'Università di Bologna, Nicolò Moruzzi e Steven Uthayakumar (cliccare qui per leggere la news di Italiafruit in proposito), che con il loro impegno hanno di fatto esteso il "progetto okra" al di fuori dei confini lombardi.

Nella foto: piantine di okra ottenute da seme presso l'azienda Agricola Anni di Zappello, di Ripalta Cremasca (Cremona). Foto di Davide Cinquanta.

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