Infia: innovazione e differenziazione per emergere

Zoboli: prezzo, presentazione, sapore, brand per essere competitivi sui mercati

Infia: innovazione e differenziazione per emergere
Innovazione varietale e riconoscibilità del prodotto: sono queste, per Infia, le "armi" su cui puntare per risolvere i cronici problemi strutturali che interessano alcuni settori dell'agricoltura nazionale, soprattutto per quanto riguarda il fresco.

"Ormai e sempre di più - spiega Fabio Zoboli (foto sopra), direttore commerciale di Infia, azienda leader a livello mondiale nel packaging per la frutta e la verdura fresca che sarà tra i main sponsor dell'evento Mark Up-Italiafruit News in programma domani a Milano - i mercati sono estremamente interconnessi tra loro. Sullo scenario domestico e su quello internazionale, i nostri produttori devono confrontarsi con competitor sempre più aggressivi sia in termini di costi di produzione che, soprattutto, in termini di varietà offerte". 

"Il fatto che la nostra azienda venda cestini in oltre 70 Paesi, ci permette di avere un punto di vista privilegiato per studiare quelle che sono le dinamiche che si stanno sviluppando a livello mondiale nel commercio della frutta", prosegue Zoboli. "Dal nostro osservatorio abbiamo rilevato una caratteristica che contraddistingue i Paesi o i produttori sia italiani che stranieri che in questi anni hanno avuto più successo a livello nazionale e mondiale: la capacità di cambiare in maniera sostanziale l’approccio al mercato. Banalizzando, fino a qualche anno fa, l’importante era produrre grossi volumi con costi relativamente bassi che permettessero di presidiare le proprie quote di mercato. Negli ultimi anni, invece, gli operatori più lungimiranti hanno radicalmente cambiato l’approccio. Invece che andare a vendere quello che tradizionalmente producevano, si sono messi a produrre quelle varietà o quei prodotti che il mercato chiedeva e chiede, creando magari nuove varietà che sono andate a cannibalizzare segmenti già esistenti". 

"La storia recente - si sottolinea da Infia -  è piena di questi casi: dall’uva senza semi che ormai è diventata punto di riferimento nel Nord Europa, Nord America ed Asia, ai cachi tipo sharon, alle pesche piatte, alle “mini” verdure e pomodorini, al boom che sta registrando su scala globale, il mercato dei piccoli frutti".

"L’altro aspetto caratterizzante gli operatori che sono stati capaci di meglio navigare nel mare tempestoso del trade ortofrutticolo - prosegue Zoboli - è l'essere stati capaci di differenziarsi dalla grande offerta presente nel mercato, attraverso la creazione di propri marchi che potessero essere riconosciuti dal cliente finale. Il primo fondamentale passo è stato quello di individuare il prodotto, di offrirlo con una buona qualità garantita nel tempo, e renderlo facilmente riconoscibile dal consumatore. Oggi, le dinamiche di acquisto che guidano un consumatore medio in giro per il mondo sono, non necessariamente in questo ordine di importanza: il prezzo, la presentazione ed il sapore.  Chi è riuscito in questi anni a crearsi un marchio facilmente riconoscibile ed associabile ad un prodotto appetibile, è riuscito più facilmente ad uscire da quelle dinamiche puramente orientate al prezzo a cui spesso la Gdo li porta".

"In definitiva, a nostro avviso - conclude Zoboli - bisogna lavorare molto sull’innovazione varietale e la presentazione, ponendo particolare attenzione ad un lavoro costante di miglioramento fondamentale per costruire un progetto di branding".

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