Melagrane anti-aging: lo dice una ricerca svizzera

La molecola precursore dell’urolitina A, presente nei frutti, contrasta l’invecchiamento cellulare

Melagrane anti-aging: lo dice una ricerca svizzera
Secondo i risultati di un nuovo studio svizzero pubblicato sulla rivista "Nature Medicine" e realizzato dall'Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna (Epfl), in collaborazione con la startup Amazentis, la molecola precursore dell'urolitina A presente nei frutti di melagrana (ma anche in piccole quantità nelle noci e in alcuni piccoli frutti), una volta convertita in questa sostanza attraverso i batteri che popolano l'intestino, permette alle cellule muscolari di contrastare il processo di invecchiamento.
 
"L'urolitina A – assicura Patrick Aebischer, coautore dello ricerca – è l'unica molecola che può ristabilire la capacità delle cellule di riciclare i mitocondri disfunzionali: è una sostanza completamente naturale e il suo effetto è potente e misurabile".

Gli studi clinici del gruppo di lavoro sono ancora in corso, ma i primi risultati su nematodi C. elegans – argomento di prova preferito tra gli esperti di invecchiamento perché dopo soli 8-10 giorni sono già considerati "anziani" – e roditori sono sorprendenti. La sopravvivenza dei vermi esposti a urolitina A, infatti, è aumentata di oltre il 45% rispetto al gruppo di controllo, mentre negli studi sui topi è stato osservato un solido processo di riciclo cellulare, con un 42% in più di resistenza rispetto al gruppo di controllo. "Sarebbe sorprendente se ora l'urotolina A non si dimostrasse efficace anche sugli esseri umani", sottolinea l'altro coatore dello studio, Johan Auwerx (nella foto).  

I due ricercatori evidenziano però che "la quantità di urolitina A può variare ampiamente in base alla specie animale e alla flora presenti nel microbioma intestinale di chi consuma melagrane. E alcuni individui non la producono affatto". Per questo motivo, Amazentis ha sviluppato un metodo per fornire dosi della sostanza pronte per il consumo e sta conducendo i primi test clinici in diversi ospedali europei.

Fonte foto: © EPFL / Alain Herzog

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