«Shopper per ortofrutta, tassa occulta che nasconde seri rischi per il settore»

Lettera aperta su un provvedimento mal fatto presto in vigore nel silenzio generale

«Shopper per ortofrutta, tassa occulta che nasconde seri rischi per il settore»
Abbiamo ricevuto in redazione una lettera aperta al ministro dell'Ambiente Galletti sul tema degli shopper per ortofrutta a pagamento che pubblichiamo integralmente con, a seguire, il commento di Roberto Della Casa, managing director Agroter e Italiafruit News.
Caro ministro,
vorrei porre alla Sua attenzione l’ennesima tassa “mascherata” che dovremo pagare dal primo gennaio 2018.
Con legge n. 123 del 2017, che converte il decreto legge n. 91 del 2017, risulta definitivamente fissato al gennaio 2018 il termine di adeguamento all’obbligo di commercializzare solo borse in materiale ultraleggero biodegradabile e compostabile con un contenuto di materia prima rinnovabile non inferiore al 40% nel 2018 (destinato a salire al 50% nel 2020 e al 60% nel 2021).

Con l'entrata in vigore del provvedimento, scatterà anche il divieto di commercializzazione a titolo gratuito e l'obbligo di evidenziazione del relativo prezzo per singola unità in fattura o scontrino. In altre parole, dal gennaio 2018 sarà necessario eliminare le buste in plastica leggera da tutti i reparti (ortofrutta, ma anche gastronomia, pescheria...) sostituendole con quelle biodegradabili, farle pagare al cliente (per disincentivare l’utilizzo) e indicare il costo sullo scontrino. Saranno tra i 4 e gli 8 centesimi di euro a busta da quanto ho sentito, non proprio una bazzecola visto che il valore attribuito è la semplice separazione per la pesatura di prodotti con prezzo diverso.

Condivido in pieno lo spirito ecologico della norma tesa a ridurre l’impatto ambientale, ma su alcuni punti non riesco proprio a capire come il legislatore possa aver commesso sviste così palesi e macroscopiche che genereranno, a mio avviso, conseguenze molto negative sia sul sistema agroalimentare italiano, da una parte, e sui clienti, dall’altra, visto che dovranno pagare a tutti gli effetti una nuova tassa.



Ma servirà veramente tutto questo? E in che misura? E quali sono i rischi?

Proviamo ad immaginare che il 2 gennaio uno di noi si rechi al supermercato a comprare ortofrutta:

Prende una busta per ogni prodotto lo pesa e… poi dove attacca lo scontrino bilancia? Sul maglione, sul carrello della spesa, su una mano? Sì, perché qualora lo attaccasse, come fa oggi, sulla busta biodegradabile, questa, con l’aggiunta di un’etichetta con inchiostro e colla, per normativa e prassi, non potrà più essere considerata ed assimilata a rifiuto organico compostabile e, pertanto, finirà nella raccolta indifferenziata, azzerando lo spirito della norma.

Ma abbiamo un'altra possibilità, ovvero portare qualcosa “da casa” con cui pesare i prodotti?
No, perché se ognuno di noi portasse una tara diversa avendo un diverso contenitore, i supermercati dovrebbero tarare la bilancia per ogni atto d’acquisto… oppure, e questo non lo escludo, qualcuno potrebbe mettere un'etichetta su ogni ortaggio/frutto e andare in cassa con i prodotti sfusi tutti etichettati.

Oppure, come prevede la norma, paghiamo la busta e zitti, ma, contrariati, cercheremo sicuramente di comprare meno prodotto sfuso possibile, riducendo di fatto il numero di acquisti, con ripercussioni negative sull’agroalimentare italiano, che non versa certo in condizioni floride (comprare tre prodotti anziché quattro significa ridurre del 25% gli acquisti di ortofrutta…).

Alternativa da “non sottovalutare” è quella dell’acquisto di prodotti confezionati; peccato che questi, non essendo inseriti nella legge, non sottostanno alla normativa sulla biodegradabilità, per cui anche solo per impatto in termini di peso per chilo di prodotto venduto inquinano 100 volte tanto le precedenti buste.

Credo francamente che in un Paese che adotti il buon senso, sarebbe stato sufficiente introdurre le buste biodegrabili (prevedendo etichette con la stessa logica) senza però farle pagare ai clienti: avremmo recepito la normativa europea e nello stesso tempo non avremmo creato nessun problema alla gente “normale” e al sistema produttivo del Paese.
 
La prego di far riflettere e sensibilizzare sul tema chi di dovere, altrimenti il 2 gennaio andando a fare la spesa ci si renderà conto dell’assurdità del provvedimento... Ma forse sarà troppo tardi!

Sperando in un Suo riscontro, La ringrazio fin d’ora per l’attenzione.

Lettera firmata

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Caro Lettore, 
il tema sollevato evidenzia il silenzio assordante che avvolge e permea il nostro comparto a tutti i livelli. Purtroppo, il recepimento di una direttiva europea che forniva linee guida su obiettivi di politica ambientale è stata tradotto in un decreto legge e poi in una legge in cui palesemente è mancata, più o meno volutamente non sappiamo, l’analisi tecnica preventiva.

Ad aggravare il quadro, a mio avviso, interverranno gli aspetti psicologici sui consumatori che questa legge produrrà e che sono legati alla trasformazione della confezione da elemento funzionale alla protezione e al trasporto a massa di materiale plastico da pagare e da gestire. Temo inizierà il dibattito su micron, grammi, riciclabilità che confonderanno ancor più le idee ai consumatori su temi già di per se complicati. 

Infine, concordo con il Lettore, questo provvedimento ha tutto il tono di una tassa occulta che produrrà solo danni all’immagine già offuscata dell’ortofrutta. Speriamo che chi di dovere abbia tempo e voglia di occuparsene in tempo, da parte nostra non possiamo che dare alla vicenda tutta la visibilità che merita.

Roberto Della Casa 

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