«E' il seme il primo concentrato di hi-tech»

Assosementi: fari puntati su innovazione e comunicazione

«E' il seme il primo concentrato di hi-tech»
Comunicare l'innovazione non è facile. "II nostro motto è non si può parlare di innovazione in agricoltura senza partire dal seme, concentrato di tecnologia". Su questo aspetto si è focalizzato l'intervento del presidente di Assosementi, Giuseppe Carli (in foto), all'incontro di ieri a Bologna "Comunicare l'innovazione", a margine dell'assemblea annuale dell'associazione che riunisce le aziende sementiere in Italia.

E ancora: "La tecnologia contenuta in un seme è pari a quella racchiusa in un microchip. Il contenuto di innovazione, di ricerca in campo genetico e di sperimentazione contenute nelle sementi sono di una complessità stupefacente, frutto del lavoro di generazioni di studiosi che troppo spesso sono dimenticati".

La percezione dell'agricoltura, però, sta evolvendo e con lei il modo di comunicarla: il tentativo di ieri era proprio affrontare i grandi temi di attualità con una comunicazione più immediata. Che faccia crescere la consapevolezza all'interno e all'esterno del settore. E, questo, quando si parla sia di ricerca vera e propria, sia di tecnologia del seme (è il caso di un brevetto dell'Università di Bologna per la determinazione delle polveri durante le operazioni di semina e concia delle sementi che non possono prescindere da innovazione nelle tecnologie e strumenti di verifica), sia di droni e agronomia di precisione.

Così, Cesare Accinelli del Dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari dell'Alma Mater ha presentato un nuovo strumento per la misura del rilascio di polveri nei semi trattati, mentre Vittoria Brambilla dell'Università di Milano è intervenuta sul tema della ricerca genetica e dell'inquadramento giuridico delle nuove tecnologie. "La tecnica Crispr/Cas9 è un nuovo potente strumento per fare miglioramento genetico in agricoltura. I dati scientifici ne dimostrano la precisione e la sicurezza. Se l'Italia e l'Europa decideranno di vietarne completamente l'utilizzo - ha detto la ricercatrice - l'innovazione tecnologica in campo agricolo nel nostro Paese ne sarebbe penalizzata".



"Siamo uno dei pochi casi dove la realtà è più avanti della fantasia: l'Italia, in effetti, è tra i primi Paesi come numero di start-up per il controllo dello spazio agricolo, ma (secondo uno studio dell'Università di Milano, ndr) solo l'1% viene applicato con successo. In pratica, c'è disponibilità di strumenti innovativi, ma non la fantasia di chi deve applicarli". Romeo Broglia, amministratore delegato di AeroDron ed esperto in innovazione nell'information technology, ha introdotto così il ruolo dei droni a supporto dell'agricoltura.

"Le tecnologie di rilievo a bassa quota con droni (Sapr) possono essere uno strumento importante per fornire informazioni sul vigore delle colture - ha sottolineato Broglia - e possono supportare gli agricoltori per ottimizzare le risorse, incrementare l'efficienza della resa delle sementi e fornire preziose informazioni sui periodi ottimali per alcune specifiche attività colturali. Rispetto ad altre aree del pianeta, dove si pratica agricoltura estensiva, in Italia queste tecnologie faticano a imporsi per la complessità della filiera e del mercato, ma potrebbero essere uno strumento importante per gestire le problematiche legate al cambiamento climatico".

Insomma, per dirla come il presidente Carli, "si sta finalmente abbandonando l'idea di un'agricoltura slegata dai progressi della scienza e della tecnologia. I consumatori oggi chiedono prodotti sani, sostenibili e con proprietà nutrizionali specifiche. In una parola innovativi. Il compito delle aziende sementiere è quello di dare risposte a queste domande".

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