Besana nel progetto Nocciola italiana

Calcagni: critiche assurde alla Ferrero. La guerra dei dazi destabilizza

Besana nel progetto Nocciola italiana
Besana collabora con Ferrero al progetto “Nocciola Italiana” che propone di creare 20mila ettari di nuovi impianti di noccioleti entro il 2025, il 30% più dell'attuale superficie, nell’ottica di consolidare il ruolo del nostro Paese nello scenario corilicolo globale e garantire redditività. Nei giorni scorsi l’iniziativa del noto gruppo industriale ha sollevato un ampio dibattito con tanto di manifestazione di protesta, ma Giuseppe Calcagni, imprenditore di spicco e "memoria storica" della frutta secca italiana, taglia corto: timori e “mal di pancia” sono ingiustificati, gli spazi sul mercato sono ampi e il mondo della produzione ha tutto da guadagnarci. Anche in Italia. “Credo che la corilicoltura e la nocicoltura mondiale debbano essere grate a Ferrero che, caso unico a livello di grande industria, ha deciso di aiutare e incoraggiare i produttori”, spiega Calcagni. “Le nocciole a livello mondiale mancano, lo dicono le statistiche e con una maggiore disponibilità di prodotto potrebbero aumentare le vendite e gli sbocchi”.

“Ferrero del resto - aggiunge Calcagni - ha intrapreso questa strada da anni, mettendoci la faccia, insegnando e indicando le buone pratiche agricole che a volte vengono dimenticate: significativo quanto avvenuto in Sicilia, dove negli ultimi 30 anni le nocciole sono praticamente scomparse. Due anni fa il gruppo ha incoraggiato la realizzazione di 10mila ettari, oggi punta a 20mila. Ferrero ha creato centri di eccellenza nel napoletano, nell’avellinese, in Piemonte. I dati parlano chiaro: l’Italia è ferma da 20 anni a un produzione oscillante tra le 120 e le 140mila tonnellate e può raddoppiare senza il rischio di eccedere. Ma l'operazione è complessa, Besana è impegnata sullo stesso fronte e posso garantire che non è facile trovare agricoltori disposti a dedicare spazi alla corilicoltura. Che però, se ben fatta, diventa molto redditizia”.



Il gruppo con sede a San Gennaro Vesuviano, che da tempo investe sia in Italia che nell’Est Europa e più in generale in Oriente, è parte attiva del progetto “facendo leva su varietà e meccanizzazione rigorosamente italiane per ampliare la disponibilità e la produttività del comparto nocciole”. Il tutto in una fase complesso per la frutta secca (meno, però, per le nocciole) che risente delle politiche protezionistiche e della guerra dei dazi Usa-Cina: “è un momento di attesa e di lieve rallentamento dei consumi, gli operatori sono preoccupati - spiega Calcagni - Le mandorle Usa pagano a Pechino una tassa del 15% e questo significa cambiare potenzialmente dinamiche commerciali a 200mila tonnellate di prodotto”. 

Mercato destabilizzato, insomma, mentre sul fronte produttivo i raccolti 2018 di mandorle, noci e nocciole, a dispetto dei timori per i possibili effetti legati al maltempo, sono regolari e in crescita: “in Italia il dato relativo alle nocciole è buono, si attesta tra le 110 e le 120mila tonnellate, mentre in Turchia la forbice attesa è tra 650 e 700mila tonnellate; per le mandorle va registrata l’entrata in produzione in California degli impianti su cui si è investito negli ultimi cinque anni che faranno superare ampiamente il milione di tonnellate. E i prezzi, dopo gli exploit del passato, si sono assestati”.

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