Fico d'India, una cocciniglia in agguato

Si chiama «Dactylopius opuntiae» e ha già distrutto 30mila ettari in Marocco

Fico d'India, una cocciniglia in agguato
La coltivazione del fico d'India in Sicilia sta conoscendo un momento felice, ma un insetto fitofago – la “falsa cocciniglia del carminio” nota agli entomologi come Dactylopius opuntiae (Cockerell) - è in agguato e potrebbe presto sbarcare sull’isola, proveniente dal vicino Marocco, dove in soli quattro anni ha già infestato 30mila ettari di coltivazioni e distrutto migliaia di piante.
L’insetto dell’ordine dei Rhyncota è in grado di infliggere danni gravissimi alle coltivazioni della cactacea anche sulla sponda nord del Mediterraneo e rappresenta al momento una seria minaccia.

Il fico d'India in Sicilia in questa fase vede un trend in crescita delle vendite, una superficie coltivata di 2.400 ettari in tutta la regione, il 75% concentrata nei comuni di Belpasso, Roccapalumba, San Cono e Santa Margherita Belice. In Sicilia questa produzione vanta ben due Dop, quella del Fico d'India dell'Etna e del Fico d'India di San Cono. Ma l’allarme è già stato lanciato e AgroNotizie ha sentito Pompeo Suma, ricercatore all’Università degli Studi di Catania nel Dipartimento di Agricoltura, alimentazione e ambiente – sezione di Entomologia applicata. Qui si lavora per tentare di fermare sul bagnasciuga l’arrivo di questo nuovo fitofago.

Dottor Suma, siamo già in allerta per questa avversità: l’allarme è partito proprio da Catania?
La vicinanza del Marocco, dove dal 2014 la presenza di Dactylopius opuntiae ha già fatto molti danni, ha spinto tempestivamente, e in un’ottica di prevenzione, il Dipartimento di Agricoltura, alimentazione e ambiente dell’Università degli Studi di Catania ad avviare un dialogo tecnico-scientifico con la comunità internazionale di riferimento e si è fatto promotore di una prima attività divulgativa sul territorio regionale, mirata ad illustrare la problematica ai principali attori del comparto del fico d'India.

In tale contesto, e su sollecito di chi le parla, all’Organizzazione delle nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura è in fase di realizzazione un sito web (sarà attivo dalla fine di novembre 2018, ndr) appositamente destinato alla condivisione delle informazioni e delle esperienze acquisite da quei paesi già interessati dal problema cocciniglie del fico d'India e che, in quanto tali, hanno già messo in essere alcune strategie mirate al controllo dei parassiti. Anche se, va detto, le infestazioni pare stiano avanzando inesorabilmente verso la conquista di sempre nuovi areali in cui il fico d'India risulta coltivato.

E’ possibile iscriversi al gruppo denominato Cochineal as pest gratuitamente e semplicemente inviando una mail di adesione, anche in lingua italiana, all’indirizzo: cactusnet@dgroups.org".

Come si è arrivati a tutto questo?
Da qualche anno a questa parte, in diversi areali del globo, dove si coltiva e produce il fico d'India, si è assistito ad una preoccupante e progressiva invasione delle piantagioni, perpetrata dalle cosiddette cocciniglie del carminio, cioè di quegli insetti succhiatori di linfa, afferenti all’ordine dei Rhyncota e alla famiglia dei Dactylopiidae. Undici sono le specie appartenenti alla suddetta famiglia, tutte strettamente associate alle Cactacee e almeno due, attualmente, stanno destando particolare interesse e preoccupazione: la vera cocciniglia del carminio - Dactylopius coccus (Costa) e la falsa cocciniglia del carminio - Dactylopius opuntiae (Cockerell).

È da tempi remoti infatti che la prima specie, Dactylopius coccus, viene appositamente allevata su fico d'India per la produzione del prezioso colorante rosso carminio estratto dal corpo essiccato dell’insetto e altamente richiesto dalle industrie alimentari, tessili, cosmetiche.
Di contro, la seconda specie, Dactylopius opuntiae, è stata storicamente impiegata ed introdotta con successo in diversi Paesi - tra i quali Australia e Sud Africa - quale agente di controllo biologico delle Cactaceae spontanee che, in quanto tali, sono considerate infestanti.

I reiterati tentativi di introduzione delle due specie di cocciniglie in nuovi paesi per i due principali scopi sopra citati, contestualmente all’imponente crescita delle superfici impiantate a fico d'India quale coltura da reddito, ha consentito e favorito la diffusione dei fitomizi che, in molte realtà produttive, hanno manifestato tutta la loro aggressività nei confronti della pianta ospite".

Che danni sono in grado di infliggere queste cocciniglie alle piantagioni di fico d'India?
Le faccio alcuni esempi. In alcuni Stati del Brasile, le infestazioni determinate da Dactylopius opuntiae hanno ad oggi interessato più di 100mila ettari coltivati a fico d'India, causando un danno economico per il Paese superiore a 100 milioni di dollari all’anno con preoccupanti ed evidenti ripercussioni socio-economiche.

La medesima specie, nel 2013 è stata rinvenuta in forma altamente infestante in Israele e, nel 2014, in Marocco in cui in soli quattro anni si è rapidamente diffusa in diverse province, infestando più di 30mila ettari coltivati, causando gravissimi danni e portando a morte migliaia di piante di fico d'India. Diverso è il caso registrato in nord Etiopia in cui, Dactylopius coccus è stato introdotto nel 2003 con lo scopo di produrre il colorante naturale ma i dati, aggiornati al 2014, riportano come circa 32mila ettari di coltivazioni da reddito sono state infestate in forma altamente aggressiva dall’insetto che ne minaccia la distruzione.

Per dirla tutta, la Dactylopius opuntiae potrebbe mettere in seria discussione la sopravvivenza stessa della coltivazione in Sicilia. Pertanto: è possibile prevenirne l’arrivo e - ove il problema si presentasse - come la combattiamo più efficacemente?
Certamente la prevenzione rappresenta un punto cruciale ed è per tale ragione che già in forma ufficiosa sono stati informati i Servizi fitosanitari nazionale e regionale che certamente intensificheranno i controlli laddove necessario. Considerando che parliamo di specie non presenti sul territorio, non c’è alcun prodotto fitosanitario registrato sulla coltura per tali fitofagi e dalle esperienze condotte in altri Paesi interessati dal problema - in Marocco ad esempio -l’impiego di diverse molecole insetticide non ha sortito gli effetti sperati, oltre che rappresentare una voce di costo, spesso insostenibile per le economie locali.

Fortunatamente e di preminente interesse, è la potenzialità dell’impiego di antagonisti naturali (principalmente predatori) già identificati, che pare possano rappresentare la soluzione ottimale per il contenimento delle popolazioni infestanti al di sotto delle soglie di danno. Certo, anche alcune di queste specie utili sono da considerarsi aliene per cui, come tali andranno gestite in ottemperanza a quanto previsto dalla legislazione vigente.

Autore: Mimmo Pelagalli

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