Tempo di bilanci per l'uva, ma il futuro parte dal catasto

Di Palma mette in allerta: senza dati certi rischiamo la sovrapproduzione

Tempo di bilanci per l'uva, ma il futuro parte dal catasto
Siamo a fine anno ed è tempo di bilanci, soprattutto per la filiera dell'uva da tavola nazionale che si accinge a chiudere la sua stagione proprio in questi giorni. La campagna, quest'anno, è stata messa a dura prova da condizioni climatiche sfavorevoli. E, guardando al futuro, le parole chiave sono due: programmazione e pianificazione, come sottolinea a Italiafruit News Angelo Di Palma, proprietario della Fruitsland.

Come si sta concludendo la stagione?
La nostra azienda ha terminato l'attività intorno al 20-25 novembre, in quanto non c'erano le condizioni per poter andare più avanti. A ottobre nell'areale di Ginosa (Taranto) sono caduti ben 190 millimetri di pioggia, così abbiamo preferito anticipare la chiusura della campagna, spedendo quanta più merce possibile tra ottobre e novembre per evitare la lunga frigo-conservazione.

Quali sono le priorità che la filiera dovrebbe assolutamente affrontare?
In Puglia si sta continuando a piantare senza una minima programmazione. Per questo motivo rischiamo di trovarci, nei prossimi due o tre anni, nella condizione di avere una produzione disponibile di gran lunga superiore rispetto alle nostre possibilità di esportazione. Il problema più grande è quindi la mancanza di un catasto regionale: a oggi disponiamo solo di dati aleatori, non certi. Mentre bisognerebbe conoscere quanti sono realmente gli ettari coltivati, distinguere la produzione tra uve tradizionali e senza semi, in termini di colore (rossa, nera, bianca, ecc.) e capire l'incidenza delle nuove varietà. Tutto questo per pianificare e orientare le scelte dei produttori.


Angelo Di Palma

Il mercato mondiale delle uve italiane fatica a crescere?  
Il quadro non è roseo. Al di fuori dell'Italia, l'unico vero sfogo rimane sempre l'Europa, dove però i consumi in termini di volumi si attestano già ai livelli massimi. La Russia è inaccessibile ormai da diversi anni e le porte di nuovi potenziali mercati, come il Sudafrica e la Cina, rimangono chiuse a causa del menefreghismo della nostra classe politica. Anche l'Usa rimane un'area che offre condizioni fitosanitarie molto complesse. Mentre i Paesi del Golfo Persico sono molto competitivi sui prezzi, dal momento che importano un po' da tutto il mondo. 

Sempre in ottica futura, l'Italia su cosa dovrebbe puntare? 
Sulla qualità. A detta dei breeder, oggi la qualità organolettica delle uve sia spagnole sia greche è inferiore rispetto a quelle italiane. In Puglia, in particolare, come ho già detto in passato, bisognerebbe riprogrammare le produzioni, orientandosi verso cultivar che si distinguano per caratteristiche organolettiche e che al contempo abbiano una resistenza alla pianta tale da poter fronteggiare anche annate, come quest’ultima, con condizioni meteo sfavorevoli.

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