Ciliegio, impianti per massimizzare i profitti

Dai portainnesti alle coperture: le soluzioni adottate nel Vignolese

Ciliegio, impianti per massimizzare i profitti
Qual è il ceraseto ideale per massimizzare il profitto del produttore? Risposta difficile alla quale si è cercato di rispondere al Simposio internazionale della ciliegia che si è tenuto nei giorni scorsi a Vignola (Modena).

Già durante la prima giornata dedicata alla convegnistica sono emersi diversi spunti, che sono stati approfonditi durante le visite tecniche in campo molto seguite dai partecipanti italiani e stranieri. In primo luogo, un impianto di ciliegie deve produrre il maggior numero possibile di frutti apprezzati dal consumatore, e su questo tema sono tutti concordi: la ciliegia deve essere grossa, sana, colorata e buona. Chiaramente il miglioramento genetico come già scritto sulle nostre colonne dà una grande mano al produttore con l’introduzione di nuove varietà sempre più performanti, ma se quest'ultime non sono coltivate nella maniera corretta, da sole non bastano. La ricerca negli ultimi anni ha rivoluzionato la coltivazione del ciliegio, grazie all’introduzione di portinnesti nanizzanti che hanno permesso di costruire impianti fitti o superfitti, totalmente gestibili da terra.



Tuttavia, nel Vignolese ci si sta orientando verso una soluzione di compromesso fra innovazione e tradizione. Infatti, la maggior parte dei sistemi d’impianto è allevata a palmetta innestate su Colt, con densità d’impianto medio basse (500-800 alb./Ha) che prediligono la formazione di spaliere alte 3-4 metri. I più innovatori utilizzano portinnesti semi nanizzanti, come il Gisela 6, allevando le piante a fusetto o con una via di mezzo fra fusetto e palmetta, con densità ben più elevate che toccano 2.000 alb./ha. Parlando con produttori e ricercatori, si ha percezione che quest’ultimo sistema sia il limite oltre il quale è rischioso andare. Quello su cui tutti sono concordi riguarda l’esigenza di proteggere i frutteti dagli insetti e dalle intemperie.
Infatti, è emerso come l’unico sistema per difendersi dal cracking, in assenza di varietà resistenti, resti la copertura antipioggia abbinata a quella antigrandine, anche se le bombe d’acqua delle ultime settimane hanno causato danni anche alle ciliegie sotto copertura (ovviamente in misura minore al campo aperto). Parliamo di eventi eccezionali, ma vista la frequenza degli ultimi anni stanno per diventare la norma. Non a caso, la quota di impianti coperti è in costante aumento all’interno del comprensorio Vignolese, superando il 35% delle superfici interessate a ciliegio.



Purtroppo, anche la Drosophila suzukii è diventato un patogeno “ordinario” che causa danni straordinari e così come con la cimice asiatica la soluzione più efficace è quella di evitare che l’insetto entri nel frutteto. In questo caso o si chiude l’impianto lungo il perimetro oppure lungo la fila.



Il problema principale delle coperture anti-insetto, antigrandine, antipioggia, riguarda ovviamente il costo di impianto, che viaggia nell’ordine delle decine di migliaia di euro, oltre al centinaio di ore ad ettaro da impiegare in manodopera ogni anno, fra chiusura e apertura delle reti. Chiaramente sono numeri che possono spaventare, ma parlando con gli imprenditori che le hanno adottate, nessuno tornerebbe indietro.

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