Uva da tavola, la settimana decisiva

Fanelli: «Vendite lente. Il comparto ha bisogno di programmi»

Uva da tavola, la settimana decisiva
Sono giorni decisivi per capire che piega prenderà la campagna dell'uva da tavola. L'esordio non è stato dei migliori, poi nel mese di settembre le quotazioni in campagna sono rimaste basse fino ad arrivare ai 50-60 centesimi il chilo. Prezzi che hanno spinto i produttori anche alla protesta (clicca qui per leggere la notizia di ieri).

"E' una settimana cruciale per capire l'orientamento del mercato - spiega a Italiafruit News Donato Fanelli, presidente del Comitato Uva da tavola di Ortofrutta Italia - Con quei 15 giorni di ritardo avuti a inizio campagna, ora è come essere alla fine di settembre di un anno normale. Sinora abbiamo avuto scarsi volumi di vendita, prezzi bassi e produttori allo stremo: c'è chi è veramente in difficoltà. Negli ultimi giorni qualche cosa si è mosso in termini di vendite, speriamo che il trend si possa consolidare velocemente".



L'uva da tavola a Fruit Attraction vedrà anche il primo incontro del neonato Gruppo di contatto tra Italia, Spagna, Francia, Grecia e Portogallo. "Prima di quell'appuntamento avremo anche un incontro tra operatori, per fare un quadro del mercato - aggiunge Fanelli - poi a Madrid ci soffermeremo anche sugli aspetti fitosanitari".

Il mercato comunitario vede l'affermarsi di nuovi player. "Penso a Grecia e Macedonia, che hanno aumentato la loro sfera di influenza sul mercato europeo e hanno occupato spazi importanti a Est, dalla Polonia alla Bulgaria - aggiunge il presidente del Comitato Uva da tavola di Ortofrutta Italia - Questo, sommato alla chiusura del mercato russo, porta a un aumento della pressione a livello comunitario. La Germania, poi, si sta spostando sul prodotto spagnolo: e la Spagna, con un terzo delle nostre superfici, riesce ad essere più competitiva di noi".



I produttori italiani di uva da tavola devono fare poi i conti con un mercato che muta velocemente, con i consumatori che si stanno spostando verso le uve seedless. "Ma in campagna è difficile e costoso disinvestire sulle varietà tradizionali e abbracciare le senza semi - rimarca l'esperto - Anche una piazza tradizionalista come la Francia si sta spostando sulle seedless. Bisogna impostare dei programmi ben precisi: prima piantavi una tipologia di uva e l'impianto andava bene per 20 anni, ora - conclude Donato Fanelli - non si può cambiare varietà ogni 5 anni, così il business non è sostenibile".

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