I produttori con(tro) Coop

Ma la sterile contrapposizione oscura le opportunità della cooperazione

I produttori con(tro) Coop
Alle volte basta la prospettiva a modificare il senso delle cose. Così, utilizzando il dizionario del marketing e della comunicazione anziché un manuale di tecnica agronomica, avrei interpretato in modo diverso l’ultimo spot di Coop dedicato alla sostenibilità. Fossi un produttore agricolo salterei a piè pari nel carrello, anziché indignarmi e protestare per come l'insegna ha dipinto l'agricoltura nella sua nuova campagna pubblicitaria. Giocherei all'attacco: invece di criticare tenterei di trarne un vantaggio, rimarcando in positivo la differenza e il valore della nostra agricoltura rispetto a quella dipinta in quei frame.

Sui social – e non solo - si è invece scatenato un pandemonio, con agricoltori e associazioni che hanno cavalcato la protesta fino a chiedere il ritiro della pubblicità, ma - a mio modesto avviso - senza riuscire a ottenere agli occhi del consumatore una efficace puntualizzazione delle positività dell'agricoltura italiana rispetto ad altre meno virtuose.

I nostri produttori si sono sentiti feriti nell'orgoglio per quelle immagini dove il carrello della spesa Coop blocca i trattori  che stanno irrorando i campi con agrofarmaci (come li chiamiamo noi nel settore, ma là fuori - per il consumatore - sono semplicemente pesticidi). Non uno ma ben quattro trattori su una stessa fila, una evidente iperbole pubblicitaria.



Ma se avessero immaginato di non essere loro quelli messi alla berlina, anzi di avere un'occasione d'oro per sottolineare che quella non è l'agricoltura italiana, la più virtuosa in Europa proprio in termini di residui di agrofarmaci, come dimostrano i numeri. Allora avrebbero potuto dire: “Coop fa bene a prendere la distanza da tali pratiche; noi possiamo essere l’alternativa e stiamo con la Coop". Ma anche: “pretendiamo da Coop comportamenti conseguenti; basta prodotti realizzati da agricolture non rispettose dell’ambiente e della salute, che sono a buon mercato ma ci fanno concorrenza sleale”.

Essere contro la Coop in questa campagna di comunicazione è secondo me un autogol mediatico. Nella vita ci vuole coraggio e negli affari ancor di più. Coop ha scelto di giocare con strategia sfruttando il linguaggio della comunicazione: invece di fare gli offesi gli agricoltori avrebbero potuto salire sul carrello e cogliere così l'occasione per dire no all'abuso degli agrofarmaci, a imballaggi non sostenibili, allo sfruttamento del lavoro nei campi... giocando per una volta all'attacco. Nei fatti, però, sembrano preferire le barricate, optando per celare l’esistenza di un’agricoltura intensiva che sfrutta suoli e persone, ma di cui tutti sono oramai a conoscenza. A mio avviso sarebbe stato meglio spingere sull’acceleratore del cambiamento pretendendo decisioni conseguenti e rigorose da parte di Coop nella scelta di tutto quello che pone in vendita, a prescindere da logiche di prezzo.
La domanda, a questo punto, sorge spontanea: ma gli agricoltori italiani vogliono davvero essere parte di questo necessario cambiamento? Io ci credo davvero e per questo auspico in futuro più coraggio.



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