Cimice asiatica, se gli agricoltori accusano il biologico

La tesi avanzata a una riunione in Trentino non regge: «Non ci sono trattamenti risolutivi»

Cimice asiatica, se gli agricoltori accusano il biologico
La proliferazione del biologico favorisce la diffusione della cimice asiatica: è questa, in sostanza, la tesi emersa alla riunione di frutticoltori che si è recentemente svolta a Ravina (Trento) dove - come riporta una testata locale - sono stati chiesti interventi urgenti di carattere finanziario e “tecnico” per fronteggiare i danni causati dalla cimice asiatica a mele, uva e agli altri prodotti agricoli del territorio.

Per fermare la cimice asiatica, hanno sostenuto alcuni produttori, dovrebbe essere reso obbligatorio un trattamento contemporaneo per singoli distretti: “A favorire l'espansione della cimice asiatica - il j’accuse - è la presenza diffusa, qui a sud di Trento, di aziende biologiche che non eseguono trattamenti chimici”.

Tesi contrastata da alcuni dei presenti alla riunione, tra cui Joseph Espen, titolare di uno dei più estesi frutteti biologici del distretto di Ravina, Romagnano e Aldeno, il quale ha definito prive di fondamento scientifico le affermazioni. Al pari di Fabrizio Priva, Ad del Ccpb che, raggiunto da Italiafruit News, evidenzia come “il fenomeno sia largamente diffuso anche dove ci sono aziende convenzionali: produttori di mele e pere che utilizzano fitosanitari e non lesinano trattamenti di vario tipo denunciano danni tra il 60 e il 70% dei frutti, mele o pere che siano. Questo perché non ci sono interventi chimici risolutivi: le uniche risposte sono le reti e gli insetti utili”.

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