Manifesto dell'Ortofrutta, valanga di firme

Idee nuove, presentate con semplicità, conquistano il comparto

Manifesto dell'Ortofrutta, valanga di firme
Cari lettori, grazie al Vostro contributo abbiamo raggiunto un traguardo davvero importante. A ieri, 2.128 operatori del settore hanno sottoscritto il Manifesto dell’Ortofrutta che avevamo preparato per gli Stati Generali dello scorso 20 novembre.
Se consideriamo che in Italia vi sono circa 346.000 imprese ortofrutticole, a cui vanno aggiunti poco più di 50.000 operatori commerciali nei diversi stadi della filiera e circa 20.000 imprese attive nei servizi, è facile comprendere il livello di significatività di questa raccolta, soprattutto considerando che è stata promossa esclusivamente utilizzando il network della nostra testata.

Per questo diviene ancor più importante trasmettere il consenso raggiunto dalle nostre raccomandazioni alle Autorità competenti, a partire dalla ministra Teresa Bellanova e, a cascata, verso assessorati regionali e organizzazioni di rappresentanza affinché tengano in debita considerazione quanto riportato nel Manifesto quando agiranno per il sostegno e lo sviluppo del comparto ortofrutticolo. Da inizio anno ci attiveremo per trasferire il Manifesto a tutti i portatori di interesse testimoniando il consenso che ha generato grazie al Vostro sostegno.

Il Manifesto, infatti, rappresenta un documento innovativo sia nella forma che nei contenuti per il nostro comparto. Ispirato ai grandi manifesti politici di metà Ottocento, è un documento programmatico che espone in modo sintetico e di facile comprensione per tutti i principi e gli obiettivi alla base del lavoro svolto. Per chi ancora non avesse avuto l’opportunità di visionarne i sei punti chiave può vederli sintetizzarti qui sotto o declinati di dettaglio a questo link.

Manifesto dell'Ortofrutta 

Ma non si tratta solo di forma, anche i contenuti superano l’attuale mania di spettacolarizzazione dei problemi e delle soluzioni, che porta spesso a equivocare la reale portata degli elementi che vengono posti come emblema. E’ il caso dell’internazionalizzazione, quarto punto del Manifesto, di cui tanto si parla e poco si conclude. Portare all’attenzione del settore e della politica le opportunità sui mercati lontani per i nostri prodotti ortofrutticoli è certo lodevole e necessario, ma non può essere confuso come la medicina per il recupero di competitività per le nostre esportazioni.

Come evidenziato nel Manifesto, se vogliamo riportare in attivo la bilancia commerciale del comparto, occorre lavorare subito sui mercati domestici, Germania in testa, gli unici in grado di garantire nel breve periodo recupero di volumi adeguati a invertire la tendenza. Basti pensare che nella sola Germania siamo passati da un export di oltre 1,6 milioni di tonnellate di inizio millennio a poco meno di 1,4 del 2010, per arrivare al minimo storico del 2018 di 1,1. Significa che in vent’anni abbiamo ridotto l’export annuale verso la Germania di oltre 500.000 tonnellate, una quantità superiore a quanto oggi complessivamente esportiamo ogni anno in tutti i mercati fuori dall’Europa!


 
Messico, Vietnam, Sud Africa e Taiwan sono certo opportunità da cogliere in ogni caso, ma non ci permetteranno nel breve periodo di recuperare il terreno necessario a colmare il nostro surplus produttivo rispetto alle nostre capacità di vendita.


 
E se dobbiamo riacquistare competitività sui mercati europei è necessario ridurre i gap organizzativi e logistici rispetto ai nostri diretti concorrenti e lavorare per dare sostanza alla distintività dei prodotti italiani nel percepito dei consumatori europei e non solo, come evidenziato dai risultati del Monitor Ortofrutta di Agroter; distintività di recente confermata anche al Global Tomato Congress di Rotterdam (clicca qui per leggere l'articolo).
Solo così potremo riacquisire la posizione che ci compete per storia e vocazione nello scacchiere ortofrutticolo internazionale.

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