Marciume bruno, la malattia emergente dei castagni

Nuova e seria minaccia per la castanicoltura, causata da Gnomoniopsis

Marciume bruno, la malattia emergente dei castagni
Si chiama marciume bruno (o marciume gessoso) delle castagne ed è una malattia crittogamica, causata dal fungo Gnomoniopsis castaneae Tamietti, che sta preoccupando sempre più i castanicoltori, i ricercatori e i servizi fitosanitari di diverse regioni italiane.
 
Diffusione
Descritto per la prima volta nel 2012, questo fungo attacca varie parti della pianta causando gravi danni ai frutti. Attualmente la sua presenza è accertata anche in Emilia Romagna, Toscana, Sardegna, Campania e a livello mondiale in Belgio, Francia, Olanda, Repubblica Ceca, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Svizzera, Australia e Nuova Zelanda.

In Italia fenomeni di marciumi sulle castagne sono stati documentati sin dagli anni '30 con andamenti alterni. Poi dalla metà degli anni 2000 sono stati osservati fenomeni molto diffusi di marciumi con muffe brune sulle castagne al periodo della raccolta, e dal 2010 anche associati a funghi che attaccavano le galle causate dal cinipide del castagno, Dryocosmus kuriphilus.

In Italia i primi studi su Gnomoniopsis castaneae sono stati condotti dall'Università di Torino, in particolare da Giacomo Tamietti, che è stato anche l'identificatore del fungo, e dal gruppo di Guglielmo Lione che in un recente articolo pubblicato sull'European Journal of Plant Pathology ha definito questa malattia come la patologia emergente e una delle principali minacce dei castagni da frutto.
 
Biologia e piante ospiti
Gnomoniopsis castaneae è un ascomicete e nel castagno il fungo si insedia nei tessuti del fiore e si sviluppa poi in quelli del frutto. Tuttavia per un periodo anche abbastanza lungo rimane in forma latente, non causando danni.

Il passaggio dalla fase latente a quella sintomatica, quando si manifestano i sintomi e quindi anche i danni, si ha alla fine della stagione vegetativa e sembra che questo passaggio sia favorito da condizioni di altre temperature e elevata umidità.

Oltre ai tessuti del fiore e del frutto il fungo può creare infezioni secondarie su corteccia e germogli foglie, e sulle galle del cinipide, causando anche piccoli cancri ed essiccamenti. Inoltre può vivere come saprofita a spese dei tessuti morti, in particolare sui ricci o sui rametti caduti a terra.

La diffusione del fungo nell'ambiente avviene già dalla primavera tramite la disseminazione delle spore che si sono formate sui ricci infetti e anche sulle galle del cinipide spesso infettate dal fungo. Il trasporto delle spore è dovuto soprattutto all'acqua e al vento, ma non si può escludere che anche gli insetti possano giocare un ruolo importante.

Oltre al castagno il fungo è stato ritrovato sia su piante coltivate che spontanee e oltre al castagno è stato trovato su nocciolo, cerro, leccio, frassino e altre piante delle famiglie delle Betullacee, delle Fagacee, dell Oleacee e delle Pinacee.


 
Danni
Il danno principale è il danneggiamento delle castagne. Una volta passato in fase sintomatica infatti il fungo provoca una alterazione dell'interno della castagna che diventa prima gessoso e biancastro, poi bruno, alterando consistenza e sapore, portando in alcune aree anche alla compromissione della metà delle castagne prodotte, anche se ci sono stati casi in Nord Italia con punte superiori al 90% di castagne colpite.

Il danno sulle castagne può avvenire sia direttamente sulla pianta in pre raccolta che a terra, e anche dopo la raccolta in magazzino.

I danni alla pianta del castagno sono invece minori, soprattutto dal punto di vista economico, e sono dovuti soprattutto ai cancri sui germogli.
 
Relazione con il cinipide del castagno
Come abbiamo detto il fungo può colonizzare le galle causate dal cinipide del castagno, Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu, che possono diventare importanti per la conservazione e la diffusione del fungo nell'ambiente.

E' stato studiato quindi se c'è una relazione tra il cinipide e questo fungo. In particolare è stato valutato se il cinipide può essere un vettore dell'infezione, se ci fosse una relazione tra l'ovideposizione del cinipide e l'infezione dei germogli e tra le galle infette e il numero di insetti presenti all'interno.

Riguardo alla possibilità del cinipide di essere un vettore del fungo la cosa appare molto improbabile dal momento che il fungo non è stato mai isolato da esemplari di cinipide (per quanto del Dna del fungo è stato trovato su insetti nati da galle infettate).

Anche riguardo l'ovideposizione del cinipide e lo sviluppo della malattia sui germogli non è stata trovata alcuna relazione, mentre è stato visto che di solito nelle galle infettate dal fungo erano presente un numero di insetti significativamente più alto che in quelle non infettate.

Questi dati fanno quindi escludere un ruolo del cinipide nello sviluppo e nella diffusione della malattia, ma solo un vantaggio (il numero maggiore di insetti nelle galle infette) a favore del cinipide (Lione et al., 2016).
 
Tecniche di controllo e prevenzione
Attualmente non ci sono tecniche di controllo adeguate né principi attivi registrati. E' stato visto che non ci sono relazioni tra la densità di impianto e l'incidenza della malattia, quindi è difficile pensare che il sesto di impianto possa essere utile per prevenire o migliorare la situazione.

La principale speranza è riposta nella selezione di cultivar meno suscettibili, cosa su cui si sta lavorando in Australia. Al momento in Europa la suscettibilità delle principali cultivar è elevata.

Uno studio italiano del 2016 ha provato a modificare il tradizionale trattamento post raccolta delle castagne, la cosiddetta 'curatura', fatto immergendo i frutti in acqua calda a 50°C per 45 minuti e poi per altri 45 in acqua fredda, usato per la disinfestazione delle larve dalle castagne, per renderlo efficace anche contro il fungo. I ricercatori hanno visto che aggiungendo all'acqua estratti di un altro fungo, il Trichoderma harzianum, è possibile aumentare la stabilità dei frutti riducendo lo sviluppo del marciume bruno (Ruocco et. Al 2016).

Anche il trattamento con ozono, sperimentato da ricercatori dell'Università della Tuscia, ha mostrato un effetto micostatico bloccando lo sviluppo del fungo, senza particolari effetti sulle castagne, indicando questo trattamento come un possibile strumento per aumentare la conservabilità dei frutti (Vettriano et al., 2019).
 
Azioni pubbliche
Attualmente il Piemonte sta valutando un sistema previsionale sperimentale sull'andamento della malattia in base all'andamento climatico. Una strada che è stata intrapresa anche dalla Toscana che a questo scopo ha stipulato una collaborazione tra il Servizio fitosanitario regionale, l'Università di Firenze.

Autore: Matteo Giusti 

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