Covid-19, l'impatto sui fatturati dell'industria alimentare

L'Università Roma3: il 60% delle aziende li stima in calo. Timori e richieste

Covid-19, l'impatto sui fatturati dell'industria alimentare
Che impatto ha avuto - e avrà - il coronavirus sull'industria alimentare italiana? Una ricerca del Dipartimento di Economia aziendale dell’Università Roma3, commissionata da Unione Italiana Food, prova a dare una risposta a questa domanda.

Stando all'indagine, il 59% delle aziende alimentari ha dichiarato di aver subito un calo della produzione rispetto ad una situazione di normalità. Con punte, per una azienda alimentare su 4, di almeno il 30%. Circa il 60% delle imprese stima un calo del fatturato per il 2020 che, per quasi un intervistato su 4, sarà superiore al 20%. Per una percentuale analoga (il 61% del campione), il Covid-19 avrà un impatto “elevato” o “molto elevato” sul suo futuro. Solo il 7% degli intervistati ritiene che attraverserà la crisi senza conseguenze.

La ricerca, realizzata ad aprile, ha raccolto e analizzato i giudizi di circa 120 grandi, medie e piccole aziende alimentari aderenti a Unione Italiana Food, associazione di categoria che rappresenta 450 imprese di oltre 20 settori merceologici. Parliamo di circa 800 brand presenti quotidianamente sulle nostre tavole: grandi marchi e Pmi radicate sul territorio, che rappresentano tanti simboli del Made in Italy, come caffè, pasta, cioccolato, gelati, prodotti da forno, surgelati, sottoli e sottaceti, salse, sughi e condimenti, confetture, ortofrutta fresca confezionata, nettari di frutta e ortaggi, spezie ed erbe aromatiche.

La corsa agli acquisti di fine febbraio è ormai un lontano ricordo. A due mesi dall'emergenza, la ricerca offre uno spaccato più diversificato e in chiaroscuro, con imprese che temono di perdere quote di mercato.



“Purtroppo – spiega Marco Lavazza, presidente di Unione Italiana Food – la chiusura degli esercizi del settore Horeca come mense, bar e ristoranti, ha inciso profondamente sulle opportunità di mercato delle aziende che utilizzano in modo esclusivo o prevalente quel canale di vendita. Gli aumenti registrati per alcune categorie merceologiche nella Gdo non hanno compensato queste ingenti flessioni. Anche quanti hanno visto crescere fatturato e produzione, in molti casi hanno dovuto sostenere un aumento dei costi delle materie prime o della logistica che incide negativamente sull'andamento economico. Molte aziende quindi, soprattutto le più piccole, sono ora in seria difficoltà”.

Aspetti finanziari (posizione creditizia e debitoria, cash flow), commercio estero, processi produttivi e logistica, marketing e innovazione di prodotto, approvvigionamenti di materie prime: per le imprese alimentari sono questi gli ambiti dove l’impatto del Covid-19 si è finora sentito di più. Guardando invece al futuro immediato, le preoccupazioni più urgenti riguardano soprattutto gli scambi con i mercati esteri (in entrata e in uscita), l’organizzazione del lavoro, la finanza e la gestione della rete vendita, tutte con valori superiori ai 3 punti in una scala di importanza da 1 a 5. 
Per fronteggiare il Covid-19, 8 aziende alimentari su 10 (79%) hanno promosso lo smart working. E se un’azienda su 3 (33%) ha aumentato la produzione, molte di più (53%) l’hanno ridotta o hanno limitato il numero di referenze (33%).



Interrogati sugli effetti economici a medio e lungo termine del Covid-19 sul loro business, più della metà degli intervistati guarda al futuro con preoccupazione. Per il 42% del campione gli effetti saranno “prevalentemente negativi, anche se temporanei”, mentre per il 13% saranno “molto negativi e duraturi”. E anche tra le aziende che hanno beneficiato dello scenario di un’Italia in quarantena (24,8%), quasi tutte sono convinte che l'impatto positivo sarà a breve termine e teme un calo futuro.

Ma quanto tempo servirà per tornare al pre-emergenza? Più di 6 aziende su 10 (64%) stimano in 6-12 mesi il tempo necessario per tornare alla normale operatività. Ma c’è anche un 6% convinto che non si tornerà mai più alla situazione precedente.
Conseguenza di uno scenario in continua evoluzione, più del 40% del campione afferma di non aver ancora chiaro quali misure adottare per il post coronavirus. Mentre il 32% dichiara che per difendersi punterà soprattutto sulla riorganizzazione “smart” del lavoro. Circa 1 azienda su 4 conta di uscire dalla crisi puntando sull’innovazione di prodotto e di processo, o sull’export verso mercati strategici nella nuova geografia disegnata dal coronavirus. Del resto, quasi 8 aziende su 10 (79%) si dichiara infatti fiducioso sulla tenuta della reputazione di marchi e prodotti italiani. Solo per il 15% la soluzione è nelle nuove strategie finanziarie.

Interrogati sulle misure e gli ambiti di intervento utili a superare la crisi, quasi la metà del campione (44%) invoca un maggior supporto economico alle imprese, il 13% sgravi fiscali e l’11% chiede al Governo azioni per il rilancio dei consumi e il supporto alla filiera. 

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