Fosfiti e clorati, ecco le lacune da colmare

L’intervista a Fabrizio Piva, amministratore delegato dell'organismo di certificazione Ccpb

Fosfiti e clorati, ecco le lacune da colmare
L'ente di controllo e certificazione dei prodotti biologici, Ccpb, fornisce la sua posizione in merito al nuovo testo del Dm 309/2011 che prevede deroghe nel caso di residui di acido fosforoso/fosfonico e di acido etilfosfonico. "Visti i tempi a cui siamo arrivati il Decreto doveva essere approvato prima di adesso”, dice a Italiafruit News Fabrizio Piva, amministratore delegato dell’organismo. “Già a partire dallo scorso 1° gennaio 2019, infatti, il settore dell'ortofrutta biologica ha sofferto molto per una questione che sul piano scientifico non è del tutto chiara”.

“L'acido fosforoso o fosfonico (si tratta della medesima sostanza con due formule chimiche differenti, ovvero tautomeri) è uno dei due metaboliti - spiega - con cui si esprimono gli eventuali residui di trattamenti a base di Phosetyl alluminio o di fosfiti, prevalentemente di rame e potassio, che non sono ammessi nel metodo biologico. L'altro metabolita è l'acido etilfosfonico. Noi di Ccpb abbiamo più volte espresso che non si capisce il motivo per cui, se il metodo ufficiale di analisi (la procedura dell'Eocc, Consiglio dei certificatori europei, ndr) prevede la presenza di due metaboliti, l’Italia ne debba prendere in esame uno solo”.

Fissare la sola presenza di acido fosforoso/fosfonico, e non la contemporanea presenza anche dell’acido etilfosfonico, come si applicava fino al 2018, pone infatti la produzione ortofrutticola biologica in condizioni di inferiorità competitiva rispetto a quella proveniente da altri Paesi europei ed extra-Ue.



“Gli stessi piani di campionamento messi a punto dal Crea non hanno dimostrato che l'acido fosforoso/fosfonico derivi solo ed esclusivamente da tali trattamenti o da fertilizzanti che contengono l'acido fosforoso - rimarca Piva - E’ stato osservato, in particolare, che le piante arboree possono accumulare questa sostanza nel legno e la possano cedere nell'arco di 4-5 anni al frutto, e non 3 anni come convenzionalmente fissato nel Decreto. Nel vino l'acido etilfosfonico può invece derivare da alcuni additivi, così come il fosforoso può formarsi durante il processo di vinificazione”.

“I nuovi Lmr dei fosfiti approvati nell’ultima seduta della Conferenza Stato Regioni - precisa l’ad di Ccpb - possono quindi fare un po’ più di chiarezza rispetto a prima. Ritengo, tuttavia, che la non completa conoscenza della genesi dell'acido fosforoso mantiene il settore dell’ortofrutta in un'incertezza di fondo che necessiterebbe di un progetto di ricerca più approfondito”.

Peraltro, come già anticipato a Italiafruit News da AssoBio, ora il Governo dovrebbe cercare di risolvere al più presto possibile il problema dei clorati nel settore del biologico. “Il nuovo Regolamento Ue n.2020/749, applicabile dal 28 giugno, ha fissato i limiti per i clorati aggiornando il Regolamento Ue 396/2005 dedicato ai livelli massimi di residui da fitofarmaci. La stessa normativa ha però specificato come la presenza di clorati non sia frutto di trattamenti con fitofarmaci, ma derivi dall'impiego di soluzioni a base di cloro nell'acqua potabile utilizzata nei processi di preparazione alimentare. E' pertanto necessario - conclude Piva - che nel più breve tempo possibile l’Italia stabilisca che il livello pari a 0,01 ppm, fissato dal Dm 309/2011, non possa valere per i residui di clorati, non derivando questi da trattamenti con fitosanitari non ammessi nel biologico”.

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