Prezzi all'ingrosso, tutti i numeri del 2020

Frutta e ortaggi, conferme ma anche sorprese nel confronto con il 2019

Prezzi all'ingrosso, tutti i numeri del 2020
L'effetto Covid ha inciso solo in parte sui prezzi all'ingrosso dell'ortofrutta nella prima parte del 2020. E' quanto emerge dall'Annuario presentato nei giorni scorsi da Italmercati e Borsa merci telematica (Bmti), corredato da approfondite analisi sull’andamento dei listini in tempo di pandemia. La rete di rilevazione comprende 24 mercati nazionali in cui vengono rilevati 7mila prezzi settimanali, oltre a sette mercati esteri in cui vengono rilevati mille prezzi settimanali. Circa 5 milioni le tonnellate di ortofrutta commercializzate ogni anno in queste strutture.



Le mele hanno vissuto una buona stagione commerciale, ma i prezzi all'ingrosso della campagna 2019/20 (aggiornati a marzo, mentre quelli delle altre referenze sono relativi a maggio) risultano inferiori alle due precedenti: 1,21 euro, contro gli 1,33 del 2017/18 e del 2018/19.

Segno più per le arance: il prodotto nazionale "generico" ha sfiorato l'euro il chilo (0,99) contro lo 0,95 del 2018/19 e lo 0,89 della stagione prima; il Tarocco è cresciuta del 25%, con una quotazione di 1,49 euro a fronte di 1,19 e 1,22 delle due stagioni antecedenti. 



Quotazioni in ascesa anche per le pere (1,68 euro il chilo per il nuovo, 1,94 per il conservato), l'uva estiva (2,50 euro il chilo contro 2 euro dell'anno prima) e le banane (0,99 contro 0,95 e 0,91 degli anni prima); in progresso pure la carota (0,96 rispetto agli 0,89 e 0,75 delle due stagioni pregresse), mentre l'uva autunnale perde quota (1,72 euro contro 1,78 del 2018/19) al pari delle patate (0,59 contro gli 0,63 euro il chilo del 2019), del pomodoro a grappolo (1,42 euro, 15 centesimi meno dell'anno prima) e della zucchina (1,78 euro contro 2,09 per il prodotto del Centro Sud).



Per meloni e pesche, le rilevazioni Italmercati si fermano al 2019. 


Così nel lockdown

Quanto alle tendenze osservate durante la fasi clou della pandemia, emerge l'incremento della domanda di agrumi (in particolare arance e limoni), con conseguente aumento delle quotazioni. Male però il lime, ampiamente utilizzato nell'Horeca, rimasto fermo a lungo.

Spicca, inoltre, il consistente aumento della domanda per prodotti a lunga conservazione, che non ha però avuto forti ripercussioni sui prezzi. Calo della richiesta, viceversa, per alcuni prodotti stagionali, soprattutto nella fase iniziale del lockdown: probabilmente - sottolineano Italmercati e Bmnti - sono stati percepiti come prodotti non strettamente necessari.


Le quotazioni sono state sostanzialmente stabili per le banane ed in costante leggero incremento per le mele. Per queste ultime vi è stato un duplice effetto: un livello della domanda superiore all’offerta e un incremento dei costi di lavorazione del prodotto, causato dalle procedure di distanziamento obbligatorie in tempo di Covid-19.

Domanda più sostenuta del solito e prezzi medio-alti per zucchine e melanzane, non altrettanto per i pomodori. Il prezzo della zucchina è stato particolarmente alto a causa delle gelate che si sono verificate verso fine marzo/inizio aprile.

Similmente a quanto accaduto per la fragola anche l’asparago ha visto crollare il livello della domanda nella prima fase del lockdown. Carciofi e lattughe hanno registrato un andamento regolare con prezzi nella media; nel caso del carciofo la produzione invernale era stata particolarmente elevata e la domanda probabilmente già soddisfatta prima dello scoppio dell'emergenza sanitaria.


Fave e finocchi hanno mantenuto un livello di produzione stabile con un buon livello della domanda; ciò ha determinato quotazioni in linea con la media del periodo. Tutte le brassiche, a partire dal cavolfiore, hanno accusato un forte calo di produzione proprio in coincidenza con il periodo di lockdown. La domanda è stata elevata probabilmente anche perché nell’immaginario collettivi sono percepiti - sottolineano Italmercati ed Bmti - come prodotti "poveri", adatti per momenti difficili.

Forte incremento, infine, della domanda di legumi secchi, considerati "prodotti rifugio", così come di arachidi, pistacchi e prugne secche. Per tutti questi prodotti le quotazioni sono rimaste stabili, poiché le riserve stoccate sono sempre state più che sufficienti a garantire un’offerta adeguata.

Copyright 2020 Italiafruit News