Popillia japonica arriva in Emilia-Romagna

Già presente fra Lombardia e Piemonte, il coleottero è stato segnalato in provincia di Parma

Popillia japonica arriva in Emilia-Romagna
Popillia japonica, volgarmente conosciuta come coleottero giapponese, è inarrestabile. Se fino a ieri le preoccupazioni erano fondamentalmente per i territori del Piemonte e della Lombardia, oggi anche l'Emilia Romagna, che già sta combattendo una lotta senza frontiere alla cimice asiatica, dorme meno serena: l'organismo nocivo da quarantena è stato avvistato e ufficialmente segnalato in provincia di Parma.

Sebbene non si tratti ancora di un'infestazione ma solo di un ritrovamento nelle trappole posizionate della autorità per il monitoraggio, sicuramente la segnalazione non è da prendere alla leggera.

P. japonica è estremamente dannosa. Si tratta di una specie altamente polifaga che vive in aggregazione, attacca trecento specie vegetali, fra le coltivate e le selvatiche. Le larve di P. japonica si nutrono di radici di erbe, gli adulti di foglie, fiori e frutti. Per capire quanto sia pericolosa è sufficiente dare un'occhiata alle foto di questo articolo o cliccare il video con le testimonianze di alcuni degli agricoltori che stanno cercando di difendersi fra Lombardia e Piemonte.


Il fronte dell'infestazione avanza di anno in anno, lentamente ma inesorabilmente. Il temibile coleottero di origine giapponese è stato ufficialmente trovato in Italia nel 2014, nel Parco del Ticino, in un'area compresa fra l'aeroporto di Malpensa e quello militare di Cameri (ma secondo il rapporto stilato dopo un audit condotto dalla Commissione europea in Italia, nel 2016, si stima che P. japonica sia in realtà arrivata nel nostro paese nel 2008).

Dal luglio 2014 è cominciata la lotta contro il tempo dei Servizi fitosanitari di Lombardia e Piemonte per cercare di contenere l'espansione del fitofago ma è apparso evidente quasi da subito come l'eradicazione fosse impossibile. L'unica possibilità era quella di cercare di bloccarlo nella sua avanzata. Ogni anno però le aree focolaio e cuscinetto si allargano. Dai dati risulta che nel 2014 la zona focolaio coinvolgesse undici comuni in totale, fra Piemonte e Lombardia, nel 2017 i comuni erano già 174 mentre a fine 2019, gli ultimi dati ufficiali perché il lavoro di monitoraggio per il 2020 è in corso, siamo arrivati a 569 comuni focolaio.

Se all'inizio il problema erano le province di Milano, Varese e Novara oggi, come una macchia d'olio, l'area si è allargata coinvolgendo, in Lombardia, anche Como, Pavia, Monza-Brianza e in Piemonte anche Vercelli e Verbania. "L'infestazione - ha detto ad AgroNotizie Giovanni Bosio del Fitosanitario Piemonte - prosegue anno dopo anno e l'espansione del fronte è stimata in circa 10 chilometri all'anno d'avanzamento da confini precedenti".

Inesorabile, è la prima parola che viene in mente guardando Popillia japonica al lavoro, l'insetto passa tutta la giornata a mangiare e ad accoppiarsi. Attacca moltissime colture ma è particolarmente ghiotta della vite, pericolosissima anche per le drupacee, per il nocciolo, per i piccoli frutti, per il kaki e per l'actinidia. Non vanno poi dimenticate le estensive, devono temere anche i coltivatori di mais e di soia. Sul mais, per esempio, l'insetto provoca danni diretti per le erosioni degli adulti alle sete con conseguente riduzione del numero di cariossidi formate.


Danni su mirtilli (foto di Barbara Righini - AgroNotizie)

Come non notare che Popillia japonica si avvicina pericolosamente all'Oltrepò Pavese, zona rinomata per i suoi vini? In Piemonte, all'interno dell'area ufficialmente infestata c'è già Casale Monferrato (Alessandria) dove i corileti si estendono per ettari ed ettari mentre, non troppo distante, c'è la zona del Barolo.

E la Pianura padana? Se a Parma si dovesse passare da segnalazione a infestazione? I maisicoltori, già in difficoltà per altri motivi, avrebbero vita ancora più difficile. "Quest'anno abbiamo perso almeno il 30% su susine con un defogliamento di almeno il 30-40%, la presenza poi è stata molto importante sulla mora", ha raccontato ad AgroNotizie Pier Andrea De Dominici di Cascina di Mezzo (Rosate - Milano). "Passavi sotto le piante e sentivi il rumore degli insetti che stavano letteralmente divorandole. Trattiamo con i prodotti consentiti ma non hanno alcun effetto. Se li fai quando l'insetto è attivo, lui vola via", gli fa eco un altro agricoltore, Gianfranco Andreoni di Cascina Caiella, in provincia di Pavia. Pietro Tega dell'azienda agricola MirtilloLand, in provincia di Novara, ha deciso di correre ai ripari dopo aver visto danni gli scorsi anni e ha coperto con le reti parte del suo impianto dedicato alla coltivazione dei mirtilli: "Dove non ho messo la copertura, le piante sono state divorate. I frutti vengono segnati, intaccati, rovinati, non sono commerciabili".

Quali dunque le strategie per difendersi? "Per i coltivatori biologici, il caolino può essere utilizzato come repellente - ha detto Bosio - ma possiamo dire che gli agricoltori in regime biologico hanno veramente le armi spuntate. Per i convenzionali, sulla vite, noi consigliamo di abbinare i trattamenti insetticidi obbligatori contro la cicalina, vettore della flavescenza dorata (Scaphoideus tatanus). Fra i più efficaci ci sono i piretroidi ma hanno il difetto che sono poco selettivi sugli insetti utili. Per quanto riguarda l'eventualità di importare nemici naturali di Popillia, strada già percorsa per la cimice asiatica, per ora non si vedono all'orizzonte insetti adatti all'estero. Dagli Usa - ha concluso Bosio - attorno agli anni '20-'30 del secolo scorso hanno coordinato spedizioni in Giappone per trovare i nemici naturali, ne hanno importati diversi ma ad oggi solo tre specie sono ancora presenti e attive. La loro azione però è marginale, i numeri si aggirano su meno del 5% di controllo delle popolazioni di Popillia. Al momento non ci sono prospettive per l'introduzione di antagonisti naturali", è stata l'amara conclusione di Giovanni Bosio.

Autore: Barbara Righini 

© AgroNotizie - riproduzione riservata