Viaggio dentro al frutteto del futuro

Il progetto S3O dell'Università di Bologna approccia le nuove tecnologie a 360 gradi

Viaggio dentro al frutteto del futuro
Come si produrrà la frutta nei prossimi anni? Per avere una idea basta farsi un giro nell'azienda sperimentale dell'Università di Bologna a Cadriano (Bologna), dove grazie al progetto S3O - Smart specialized, sustainable orchards, finanziato con fondi Por-Fesr (Emilia-Romagna 2014-2020), il team del professore Luca Corelli Grappadelli ha introdotto e testato una lunga serie di innovazioni.

"Alcune tecnologie sono già oggi disponibili, come le reti anti-grandine e anti-pioggia. Altre sono in fase di studio, come il rover a navigazione autonoma", racconta ad Agronotizie Corelli Grappadelli. A guidare il lavoro del team di ricerca sono tre esse: smart, specializzato e sostenibile.

Smart perché il frutteto del futuro dovrà giovarsi delle ultime tecnologie. Specializzato in quanto la frutticoltura richiede competenze specifiche, molto verticali. Sostenibile in quanto paradigma trasversale a tutta l'agricoltura e del quale non è possibile più fare a meno.

Risparmio idrico in campo
Un esempio di innovazione che potrebbe già essere introdotta nei frutteti riguarda le coperture. "Abbiamo quelle anti-insetti, quelle anti-grandine e quelle anti-pioggia", spiega Corelli Grappadelli. "Le reti anti-insetto ci permettono di ridurre i trattamenti insetticidi e di preservare la sanità dei frutti, ad esempio impedendo gli attacchi di cimice asiatica. Le reti anti-pioggia sono invece distese solo sul colmo dei filari e hanno come obiettivo quello di ridurre la bagnatura fogliare e quindi abbassare il rischio che si sviluppino patologie fungine".

Inoltre nelle giornate estive particolarmente calde e soleggiate queste coperture schermano le radiazioni solari che colpiscono le piante. Le foglie hanno bisogno quindi di meno acqua per termoregolarsi e in questo modo non solo si evitano gli stress idrici ma si fa un ricorso meno abbondante all'irrigazione. "Sulla varietà Gala quest'anno abbiamo ridotto del 50% l'uso di acqua irrigua", sottolinea Corelli Grappadelli.

Ovviamente il fabbisogno idrico non viene stimato ad occhio, ma è il frutto di calcoli e modelli molto precisi che si basano su dati raccolti da sensori in campo.



Anche la difesa fitosanitaria è innovativa
Nei frutteti alle porte di Bologna è stato installato, grazie al partner di progetto Bragaglia irrigazione, un sistema innovativo messo a punto da Netafim Italia di irrorazione sopra-chioma per la distribuzione di agrofarmaci. Si tratta di ugelli in grado di irrorare le piante senza bisogno dell’entrata in campo del trattore. Quando si verificano le condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo della malattia fungina l'operatore può azionare l'impianto e offrire una pronta difesa alle piante.

"Quest'anno abbiamo eseguito delle prove irrorando solamente acqua e abbiamo registrato una copertura fogliare efficiente", spiega il Professore. "Nella prossima stagione utilizzeremo degli agrofarmaci e saremo quindi in grado di dire se i trattamenti effettuati tramite linea fissa sono in grado di assicurare una difesa efficace tanto quanto quella garantita dagli atomizzatori tradizionali".

I vantaggi di questo sistema sono indubbi: permettono una difesa tempestiva, indipendente dalla praticabilità del campo, tutelano l'operatore dal rischio di contaminazioni accidentali e potrebbero ridurre l'uso complessivo di agrofarmaci in frutteto in quanto la maggiore tempestività consente l'utilizzo della dose minima da etichetta.

"Ad oggi questo genere di impianti non è autorizzato in Italia ma siamo confidenti che i dati raccolti rappresenteranno una solida base per intavolare una discussione a livello europeo sulla convenienza di adottare questo nuovo approccio alla difesa", sintetizza Corelli Grappadelli.



L'automazione entra in frutteto
Inizialmente il progetto di ricerca prevedeva l'impiego di coperture plastiche fotovoltaiche in grado di proteggere le colture e produrre allo stesso tempo energia elettrica. "Questo genere di tecnologia è tuttavia ancora poco efficiente e quindi abbiamo rinunciato al loro impiego", sottolinea il docente dell'Università di Bologna.

L'energia prodotta sarebbe servita ad alimentare un piccolo rover in grado di muoversi autonomamente all'interno del frutteto per eseguire diverse lavorazioni. Il rover, costruito anche grazie al know how del gruppo di lavoro dell'Università di Bologna che ha sviluppato la macchina Onda Solare, viene alimentato quindi da tradizionali pannelli solari fissi.

La trazione del rover è dunque elettrica e permette al macchinario di muoversi sul terreno senza emettere anidride carbonica. La presenza a bordo di sensori ottici, infrarossi e laser rappresenta una fonte abbondante di dati che rendono possibile costruire una mappa 3D del frutteto e abilitare la navigazione autonoma, oggi in fase sperimentale ma non lontana dall'essere una realtà concreta.

Il rover può montare un piccolo atomizzatore oppure una falciatrice per le operazioni di gestione della flora spontanea. Attrezzature che oggi sono alimentate da un piccolo motore a scoppio, ma che in futuro saranno fully-electric


Avere un rover in campo non significa solo sollevare gli operatori dalle operazioni più noiose o pericolose, ma permette anche di raccogliere dati e gestire trattamenti a rateo variabile. L'automa, grazie alla sua sensoristica di bordo, è infatti capace di rilevare una serie di parametri di campo, come ad esempio l'indice di superficie fogliare e sulla base di questo calibrare la portata dell'atomizzatore in modo da fornire la corretta quantità di prodotto per ogni pianta, evitando dunque gli sprechi.

Insomma, presso il frutteto sperimentale del progetto S3O è possibile vedere in campo un ampio ventaglio di tecnologie, alcune delle quali già pronte all'uso e altre in fase di sviluppo. L'obiettivo è evidente: aumentare l'efficienza delle produzioni diminuendo l'impronta ambientale.

Il progetto ha come capofila l'Università di Bologna - Centro interdipartimentale di ricerca industriale agroalimentare. Sono partner l'Università di Bologna - Centro interdipartimentale di ricerca industriale meccanica avanzata e materiali, il Consorzio per il canale emiliano romagnolo, l'Università Cattolica del Sacro Cuore (Crast) e il Crpv lab - Centro ricerche produzioni vegetali. Sono coinvolte le imprese e le Op Apofruit, Bragaglia, Zani, Winet, Drover, Orogel fresco e Apo Conerpo.

Autore: Tommaso Cinquemani 

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