«Lo sbarco di Aldi cambierà le carte in tavola»

Castaldo (Bocconi) a Linkiesta.it: trading up e grande efficienza le armi vincenti

«Lo sbarco di Aldi cambierà le carte in tavola»
"Si chiama Aldi e se è un nome che non avete mai sentito, presto le cose cambieranno. Almeno se vivete al Centro-Nord". Inizia così l'articolo pubblicato nei giorni scorsi da Linkiesta.it. Secondo la testata online "dalla fine del 2017 ci saranno una sfilza di aperture in tutto il Nord Italia. Partirà con almeno 50-60 punti vendita, per poi raggiungere presumibilmente quota cento. Prime inaugurazioni sono date dalla stampa a Castellanza (Varese), Cantù (Como), Conegliano (Treviso), Rovereto (Trento)".

"Aldi si può considerare il re dei discount - dice a Linkiesta.it Sandro Castaldo, professore ordinario di economia e gestione delle imprese all’Università Bocconi -. È un’azienda che funziona molto bene. Lavora su una gamma di prodotti private label molto estesa, non solo nell’alimentare. E soprattutto ha fatto trading up: era un discount piuttosto bruttino, con la merce messa sui pallet, senza scaffali. Via via si è però trasformato in qualcosa di più simile a un supermercato". 

Per questo, aggiunge, "i competitor da tempo si stanno tutti preparando al suo arrivo. Penny Market, Eurospin e Lidl stanno anch’essi facendo trading up per attirare una fascia di reddito più elevata. Lidl ha per esempio introdotto una propria linea Deluxe. Saranno però colpiti anche tutti i supermercati e ipermercati che puntano sulla convenienza. E al di fuori del largo consumo, lo saranno i negozi che vengono telefoni ed elettrodomestici, due categorie da tempo presenti all’interno del discount tedesco". Per gli studiosi del settore, questo fenomeno si chiama ruota del dettagli: tutti i concetti partono dal basso e poi salgono di livello, finché non arriva qualche competitor in grado di coprire bene la parte alta. E si ricomincia.

Perché non sarà un arrivo che passerà inosservato, si chiede Linkiesta.it? Perché è il più primo discount al mondo ed è un colosso che ha insegnato a tutti prima come offrire i prodotti al minor prezzo, poi a come conquistare anche chi normalmente non andrebbe in un discount. E poi perché ha un’efficienza quasi leggendaria.

Dei dati della società tedesca non si sa moltissimo, perché si tratta di una società non quotata che, come spesso accade con le aziende tedesche, non rende pubblici i bilanci. Il suo fatturato nel 2015 in totale era di poco più di 67 miliardi di euro, ma in realtà si tratta della somma dei ricavi di due gruppi distinti: Aldi Nord (21,8) e Aldi Sud (45,5 miliardi).

L’origine della divisione è curiosa, perché i due fratelli fondatori, Karl e Theo Albrecht, nel 1960 ebbero una disputa circa la vendita di sigarette nei supermercati, a seguito della quale decisero di divere le sorti aziendali. In seguito si divisero anche i Paesi in cui si espansero, tranne gli Usa, dove Aldi Nord opera con l’insegna Trader Joe’s (comprata negli anni Settanta) e Aldi Sud con l’insegna Aldi. Per quanto siano aziende diverse, i prodotti a marchio sono gli stessi, un po’ come accade con le diverse società che compongono le insegne Coop in Italia.

Quello che si sa dell’azienda, prosegue la testata online, è che è terribilmente efficiente. "È un’azienda orologio - commenta Castaldo -. Se guardiamo alla logistica, ha quel che si dice una supply chain tesa. Ha un rapporto con i fornitori basato sull’approvvigionamento just in time. Questo le permette di avare poco magazzino, per quanto i magazzini siano grandissimi".

Quello in Italia è a Oppeano, in provincia di Verona, e si estende su un’area di 370mila metri quadrati. Come e più di altri supermercati, il centro logistico è l’hub attorno a cui girano tutti i supermercati. Quando la società pensò per la prima volta di entrare in Italia, dopo la svalutazione della lira del 1992, dovette rinunciare perché non riuscì a ottenere dai commercianti in attività abbastanza licenze (che allora non erano libere e si dovevano cedere) per giustificare l’esistenza di un centro logistico. In ogni Paese in cui è entrato, con l’eccezione della piccola Lussemburgo, della Slovenia e del Portogallo, la catena ha almeno cento punti vendita. In Germania sono circa quattromila, in Francia quasi 900, nel Regno Unito oltre 700. Oggi le licenze sono libere e gli spazi immobiliari commerciali in vendita talmente abbondanti che non c’è stato bisogno di acquisire catene esistenti.

Secondo il docente della Bocconi, ancora, la catena "è attentissima alla gestione della filiera. Sa che è dal controllo che dipende la fiducia. In Spagna i manager assaggiano la frutta tutte le mattine. Ha avuto degli intoppi, come degli episodi di lasagne contenenti carne di cavallo (un caso in cui furono coinvolte anche altre insegne), ma non veri scandali".

Quanto ai fornitori, aggiunge, molte cose arriveranno dal Nord Europa. Ma "in Spagna si affidano molto a fornitori locali e credo che facciano la stessa cosa in Italia, soprattutto per i prodotti freschi e perché inevitabilmente si adattano ai gusti locali. Già ora in Italia ci sono molti fornitori di prodotti private label per la catena tedesca, soprattutto nel food".