IL RUOLO DELLA GDO PER L'USO SOSTENIBILE DEGLI AGROFARMACI.

IL RUOLO DELLA GDO PER L'USO SOSTENIBILE DEGLI AGROFARMACI.
Dal 1 gennaio 2014 cambiano le regole per la difesa delle colture. Difesa integrata obbligatoria per tutte le colture e obbligo di tenuta e compilazione del registro dei trattamenti prima della raccolta. La GDO si sta organizzando a tutela del consumatore... e gli agricoltori?

Da anni se ne parla e con il D. Lgs. Del 14 agosto 2012 è diventata legge dello Stato. Dal 1 gennaio 2014 tutte le aziende agricole dovranno adottare tecniche di difesa integrata e registrare, sul registro dei trattamenti, tutte le operazioni svolte in campo per la difesa delle colture agrarie. Si tratta del recepimento della direttiva 2009/128/Ce (la cosiddetta Direttiva Uso sostenibile degli agrofarmaci) e, anche se ancora non se ne parla molto, cambierà, e non poco, gli equilibri tra produttori agricoli e il resto della filiera (GDO in primis).
Ma se siamo i più bravi al mondo a produrre ortofrutta di qualità e la percentuale di irregolarità nell'ambito residui è di 5 volte inferiore rispetto alla media europea (0,3% di irregolarità contro la media europea di 1,6% - Dati Ministero della Salute e EFSA) cosa deve cambiare?
Semplice... i produttori non solo devono continuare a lavorare bene, ma devono contestualmente registrare e tracciare quello che fanno in campo e permettere al resto della filiera (cooperative, mercati, GDO, piccola distribuzione, fino al consumatore) di sapere cosa vendono e cosa mangiano.
Da parte dei tecnici agricoli e degli agricoltori c'è una strana tranquillità... "Già certifichiamo in mille modi ciò che facciamo (Global Gap, certificazioni di prodotto, certificazioni di processo, Dop, Igt...)". Ma lo scenario cambia. Se fino al 31/12/2012 la documentazione deve essere prodotta solo per la merce sottoposta a certificazione o per le produzioni agricole che si avvantaggiano di contributi, da gennaio qualsiasi produttore (ed in Italia ci solo 1.619.288 aziende agricole che operano su 17.081.099 ettari – dati ISTAT 2010) dovrà consegnare alla fase successiva della filiera non solo un prodotto sano e di qualità, ma anche il registro dei trattamenti. E questo sarà un prerequisito, esattamente come previsto dal decreto legislativo.
Succederà così che l'agricoltore dovrà conferire il prodotto alla cooperativa o al mercato e, contestualmente, una certificazione che attesti tutti i trattamenti eseguiti su quel prodotto, con tanto di giustificativo del trattamento, dati meteo e attestazione del rispetto delle tecniche produttive definite per filiera.
Le prime avvisaglie di questo cambiamento ci sono già state in questo anno di transito. Già dal 2012 chi produce per alcune filiere del baby-food (Plasmon in testa), deve permettere al resto della filiera (cooperative, trasformatori, industrie alimentari) di potere accedere alle informazioni sul processo produttivo adottato. Lo stesso vale anche per la filiera vino, tanto che alcune cantine sociali quest'anno non accettavano il conferimento delle uve se l'agricoltore non consegnava (prima o contestualmente) il registro dei trattamenti.
I più evoluti non si sono limitati a richiedere il documento cartaceo (fruibile solo dal primo attore che ritira il prodotto agricolo), ma si sono spinti a richiedere una vera e propria tracciabilità di campo che segue la produzione dall'azienda agricola fino alla tavola del consumatore, attraverso procedure operanti su piattaforma internet.
La vera sfida non sarà più, come è stato sino ad ora, produrre bene e con livelli di residui nella norma (o al disotto, come richiedono alcune catene), ma raggiungere il consumatore con una specie di "carta d'identità" del prodotto agricolo italiano. Per sapere chi ha prodotto, dove, con quale tecnica produttiva (difesa integrata obbligatoria, difesa integrata avanzata, biologico) e l'eventuale Dop/Igp/Stg di appartenenza.
Una sfida, molto stimolante, che permetterà di dimostrare quanto siamo bravi a produrre non solo ortofrutta di qualità, ma anche una serie di servizi che accompagneranno (e valorizzeranno) l'ortofrutta "Made in Italy".
E il ruolo della GDO? Semplice... Fino ad oggi i controlli sulle aziende agricole hanno interessato solo il 5% dei produttori e sono avvenuti solo su documenti cartacei, anche diversi mesi dopo il conferimento del prodotto. Ma dal prossimo anno sarà la stessa GDO a richiedere questo prerequisito e gli agricoltori saranno "costretti" a soddisfarlo ancora prima di consegnare la merce.
Del resto se c'è il 5% di possibilità di essere controllati, ci si può anche assumere il rischio di pagare una multa da 500 a 1.500 euro (è quanto previsto dal D. Lgs.)... ma se si ha il 100% di possibilità di non potere commercializzare il prodotto, la motivazione ad adempiere sarà molto più forte...

Ivano Valmori
- Direttore Responsabile AgroNotizie