LE CAROTE ITALIANE FINISCONO AL MACERO. E’ GIUNTA L’ORA DI CAMBIARE APPROCCIO VERSO LE AUTORIZZAZIONI D’USO ECCEZIONALE

LE CAROTE ITALIANE FINISCONO AL MACERO. E’ GIUNTA L’ORA DI CAMBIARE APPROCCIO VERSO LE AUTORIZZAZIONI D’USO ECCEZIONALE
E' inutile fare tanti giri di parole. L'art. 53 del Regolamento Ue 1107/2009 che permette l'autorizzazione d'uso eccezionale, per un massimo di 120 giorni, di una sostanza attiva contro un'avversità su una particolare coltura "in situazioni di emergenza fitosanitaria", sta producendo gravi distorsioni nel settore europeo dell'ortofrutta, alterando le condizioni commerciali di concorrenza leale tra l'Italia e i principali Paesi produttori della cosiddetta "Zona 3" – composta da Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Francia, Grecia, Bulgaria, Cipro e Malta.
Oltre alla pera e alla pesca, c'è anche la carota nella lista dell'ortofrutta Made in Italy più penalizzata da questa fase di allineamento normativo, che dovrebbe durare come minimo altri 2 o 3 anni. Nel 2012 e nel 2013, Francia e Spagna, su decisione dei rispettivi ministeri dell'Agricoltura, hanno infatti concesso l'uso eccezionale sulla carota dell'1,3-dicloropropene, noto fumigante impiegato per la difesa dai nematodi del suolo e revocato ormai da oltre due anni. Le decisioni dell'Italia per il medesimo periodo hanno visto invece i tre ministeri competenti (Salute, Agricoltura ed Ambiente) prendere la strada opposta negando l'uso eccezionale di questa sostanza attiva. L'ultimo "sì" dell'Italia alla carota risale a luglio 2011 e ha riguardato il periodo compreso tra il 13 luglio il 9 novembre 2011. La vera preoccupazione deriva però dal fatto che le alternative all'1,3-D testate sinora dai produttori mondiali non hanno dato risultati incoraggianti. Di fatto, dunque, sono due anni che le carote Made in Italy vengono penalizzate dalla scarsa sensibilità del sistema italiano, e primi a rimetterci sono gli stessi produttori che faticano a mantenere standard adeguati di qualità, condizione fondamentale per spingere l'esportazione del prodotto. Per di più lo scenario produttivo della carota italiana non è dei migliori, avendo perso oltre 1 milione di quintali tra il 2006 e il 2013.
Il presidente del settore ortofrutticolo di Fedagri Confcooperative Davide Vernocchi ci ha confermato quello che succede in Italia: "rischiamo di perdere la coltura per un problema di natura fitoiatrica. In tutti i territori vocati dell'Italia si buttano via campi di carote perché non si può utilizzare l'1,3-D. Vogliamo essere competitivi al pari con gli altri Paesi. Così non si salvaguardia nemmeno il consumatore!".
Di fronte all'assenza di soluzioni chimiche efficaci, auspico che i tre ministeri competenti quest'anno possano ragionevolmente concedere  la deroga all'1,3-D. Allo stesso tempo, il sistema Italia dovrebbe poi muoversi con forza e in maniera strutturata per sollecitare l'Ue a completare nel più breve tempo possibile l'armonizzazione sulle autorizzazioni al commercio e all'impego degli agrofarmaci. Le opportunità commerciali dei vari Paesi non possono infatti continuare a vertere sulle già innumerevoli differenze riguardanti la sicurezza ambientale e le specifiche tecniche per la riduzione degli impatti sull'ambiente. Il rischio è che nell'Ue si alimenti un mercato nero: per esempio, un produttore italiano potrebbe legalmente trovare l'1,3-D in Francia o Spagna ed utilizzarlo nei propri campi. Due sono le strade da seguire: dare a tutti pari opportunità oppure protendere ad una revoca definitiva e comune per tutti i Paesi di ogni macro area.
 
Daniele Bianchi - Deputy Editor Italiafruit News

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