Sempre meno ortofrutta italiana in Russia

Nel primo trimestre 2014 export giù anche in Bielorussia e Kazakistan: i dati

Sempre meno ortofrutta italiana in Russia
Rallenta ulteriormente, complice la crisi russo-ucraina, l’export di ortofrutta italiana nei Paesi dell’Unione doganale Eurasiatica (Russia, Bielorussia e Kazakistan): nel primo trimestre di quest’anno, stando ai dati Fruitimprese, le esportazioni nei tre Paesi si sono fermate a 21.500 tonnellate a fronte delle 23 mila circa dello stesso periodo del 2013; più significativa la “scivolata” in termini di valore, con un dato di 20,5 milioni di euro rispetto ai 23,7 milioni di euro del 2013.

Nella sola Russia sono state commercializzate 19.800 tonnellate di frutta e verdura contro le 20.800 tonnellate dell’analogo periodo 2013 per un valore totale di 19 milioni di euro (erano 22 milioni  nel primo trimestre dello scorso anno). E mentre l’export in Bielorussia resta pressoché invariato (1.500 tonnellate e 1,3 milioni di euro circa), spicca, pur a fronte di un dato assoluto marginale, il forte calo nelle esportazioni in Kazakistan: 188 tonnellate contro le 442 del 2013.
 
"Il continuo calo dell'export in quei Paesi e soprattutto in Russia è diretta conseguenza del problema dei pagamenti", commenta il vicepresidente di Fruitimprese Giacomo Suglia (foto sotto). "Ormai molte assicurazioni non garantiscono più le operazioni e così gran parte delle aziende ha chiuso ogni rapporto. Quei mercati ci mancano, ma troppe sono state le esperienze negative per continuare a rischiare. La flessione è particolarmente singificativa per le mele italiane ma anche per patate inglesi e tedesche".



Russia: flettono i tre prodotti più esportati, crescono uva e lattughe

In Russia, infatti, flettono significativamente le esportazioni di mele (10.300 tonnellate nel 2013; 8.700 nel 2014), ma i prezzi spuntati sono più alti cosicché il dato in valore non si discosta molto dagli 8 milioni di euro di dodici mesi prima; giù anche i kiwi (6.670 tonnellate contro 5.140) con una flessione in valore anche in questo caso meno rilevante (circa 500 mila euro di differenza). Segno meno anche per il terzo prodotto più esportato in Russia, le pere, da 1.900 a 1.300 tonnellate, che subiscono un tonfo anche in valore: da 2,5 a 1,1 milioni di euro. Tra i prodotti meno commercializzati bene l’uva, che triplica il valore e passa da 63 a 177 tonnellate, mentre tre la verdure calano i cavolfiori e crescono le lattughe.

In Bielorussia flettono le mele (da 827 a 727 tonnellate) e segnano pesantemente il passo le clementine: da 353 a 72 tonnellate. Segno più invece, per i kiwi: da 148 a 397 tonnellate. La performance negativa del Kazakistan, infine, si spiega soprattutto con il crollo delle vendite di kiwi freschi (132 tonnellate contro i 349 del primo trimestre dell’anno prima).

Unione Economica Eurasiatica terzo polo mondiale?

In generale, considerando tutti i settori economici, la bilancia commerciale con i tre Paesi evidenzia nel trimestre iniziale una flessione del 14,5%, per un valore di 7,6 miliardi di euro contro gli 8,9 miliardi dello stesso periodo del 2013 e un crollo del 23,3% nei confronti della Russia nel solo mese di marzo a causa, soprattutto, del propagarsi della crisi russo-ucraina a livello internazionale che ha inciso fortemente sulle relazioni economiche italo-russe. 

Ma si tratta di mercati comunque degni di considerazione, come è emerso venerdì 20 giugno a Roma nell’incontro “Il clima di investimento, giuridico e fiscale nei Paesi dell’Unione doganale” organizzato dall’Associazione Conoscere Eurasia con Network Globale: “In questo particolare momento di instabilità geopolitica occorre ripartire dal business - ha detto Antonio Fallico, presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia  - ed è necessario lavorare per garantire la prosecuzione degli scambi con l’Unione doganale che dal gennaio 2015 diventerà Unione Economica Eurasiatica; un possibile terzo polo geostrategico mondiale, accanto a Stati Uniti e Unione Europea, che vedrà presto l’ingresso dell’Armenia, che ha già incassato l’interesse di Kirghizistan, Tagikistan, India, Israele, Turchia e Nuova Zelanda e a cui la stessa Cina guarda con attenzione”.

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