Brescia, l'Ortomercato rischia di chiudere

Sos dei grossisti: oppressi dai costi di gestione. Gregorelli: urge nuovo piano industriale

Brescia, l'Ortomercato rischia di chiudere
"Siamo orgogliosi della storia del nostro mercato, ma dobbiamo riconoscere che in questo momento siamo un nobile in decadenza". È cosi che Oliviero Gregorelli, presidente del sindacato grossisti ortofrutticoli di Brescia, ha definito ad Italiafruit News l'Ortomercato, da cui proviene il grido di allarme degli operatori oppressi da costi di gestione eccessivi e da un calo dei consumi costante. Due fattori che rischiano di portare nel medio periodo il mercato di Brescia verso il baratro.

Costi di gestione e calo consumi hanno messo gli operatori k.o.

Le richieste degli operatori al Comune di Brescia sono: dimezzare il canone di concessione, ridurre significativamente la Tari (tassa sui rifiuti) e programmare un piano di rilancio per una struttura ritenuta ormai obsoleta. Attualmente il Consorzio Brescia Mercati paga un affitto di 540mila euro l'anno all'amministrazione comunale, 20,87 euro al metro quadro per la Tari e le imprese pagano una tassa di 2.500 euro per ogni modulo espositivo. Da questi dati emerge come quello di Brescia sia il mercato più costoso del Nord Italia.

Se si aggiunge anche la contrazione dei consumi avvenuta negli ultimi anni, ecco che la situazione diventa insostenibile per gli operatori. "Il mercato di Brescia ha sempre vissuto di consumi legati al territorio e vanta una storia virtuosa. – afferma Gregorelli - Una sorta di isola felice, grazie anche alla fiorente realtà bresciana. Ora, però, la crisi ha reso impossibile sostenere costi così alti, perlopiù per una struttura non più adeguata".


ortomercato di brescia rischia di chiudere


Alcuni operatori hanno lasciato il Mercato, per evitare sia il fallimento che il concordato preventivo. Dal 2009 ad oggi, sono già 6 le ditte che hanno chiuso l'attività ed altre dichiarano di essere pronte a farlo se non cambierà la situazione. Quando il mercato si è spostato nella nuova sede di Via Orzinuovi (nel 1987), le aziende presenti erano 46: ora sono 21, detengono il 16,5% delle azioni del Consorzio ma sono pronte a lasciare l'intero pacchetto.

«Bene interventi immediati, ma serve nuovo piano industriale per rilancio»

Nonostante il quadro delineato sia preoccupante, Gregorelli si mostra fiducioso e soddisfatto della sensibilità dimostrata dall'ente gestore: "L'amministrazione comunale ha dato la sua totale disponibilità per farsi carico dei problemi degli operatori. La situazione è molto critica ma bisogna sedersi tutti insieme ad un tavolo. Non bastano solo interventi nell'immediato, ma anche una riprogrammazione ed un nuovo piano industriale che possa dare nuova linfa al mercato. E c'è grande volontà per farlo".

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