Diserbanti, tempi duri per il Glifosate

L'erbicida più utilizzato al mondo classificato "probabilmente cancerogeno" da Iarc

Diserbanti, tempi duri per il Glifosate
Si prospettano tempi duri per il "re" degli erbicidi: il Glifosate. L'Agenzia per la Ricerca sul Cancro (Agency for Research on Cancer – IARC), ha recentemente classificato il diserbante come probabilmente cancerogeno per l'uomo (Gruppo 2A). La notizia, ripresa da diverse testate giornalistiche internazionali (es. Reuters e TheGuardian ) è stata pubblicata all'interno della prestigiosa rivista scientifica "The Lancet Oncology", dove emerge come sia presente una correlazione tra l'impiego del glifosate ed il linfoma non-Hodgkin, a causa dell'assorbimento della sostanza nel corpo umano, come dimostra il ritrovamento della molecola nel sangue e nelle urine dei lavoratori agricoli. Ovviamente gli studi dovranno essere approfonditi prima di condannare l'erbicida, ma se venissero confermati, le conseguenze sarebbero considerevoli.

Erbicida n°1 al mondo

Il glifosate, meglio noto agli addetti ai lavori come Roundup, ovvero il nome commerciale datogli dalla Monsanto detentrice del brevetto fino al 2001, è di gran lunga l'erbicida più utilizzato a livello mondiale. Questo successo deriva dall'efficacia della sostanza su di un ampio spettro di malerbe coniugato ad un profilo eco-tossicologico favorevole. Così semplice da utilizzare che viene consigliato per il controllo della flora in ambito urbano e domestico.

Una continua ascesa grazie a varietà OGM resistenti

Tuttavia, il boom è da ascriversi alla produzione di varietà OGM resistenti all'erbicida, come nel caso della soia e del mais, largamente utilizzati negli Usa (per non dire tutto il mondo) e vietate in Italia. Grazie a queste varietà resistenti, è possibile utilizzare il glifosate ogni volta che lo si desideri, senza preoccuparsi degli effetti mortali sulla specie coltivata.
Già da tempo si discute su di un possibile ridimensionamento di questo erbicida, sia per l'insorgere di specie resistenti sia per svincolarsi dalla dipendenza di sementi OGM prodotte dalle multinazionali che casualmente producono pure l'erbicida. Infatti non è tardata la risposta della Monsanto, che nello stesso giorno di pubblicazione dell'articolo ha diffuso il parere di 5 studiosi che affermano come in verità non ci siano rischi per l'uomo e tantomeno per l'ambiente.

La palla passa all'Efsa che dovrà chiarire il profilo tossicologico della sostanza per poi prendere decisoni in merito. Ad ogni modo, c'è da esserne certi, il dibattito sarà infuocato...

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