Sondaggio su Le Iene: poca strategia e tanta confusione

I risultati confermano la grande Babele di opinioni sui rimedi allo sciacallaggio mediatico

Sondaggio su Le Iene: poca strategia e tanta confusione
Nessun vinto e nessun vincitore è il risultato del sondaggio che abbiamo proposto la scorsa settimana ai nostri lettori in merito a come reagire alla gogna mediatica cui è sottoposto con sempre maggiore insistenza il nostro comparto.

La strategia migliore? Un misto di soluzioni

Per quasi il 24% dei lettori è un problema che devono gestire le Associazioni di rappresentanza delle imprese e degli agricoltori del settore ma, con il 20%, in seconda posizione si schierano i tanti che hanno voluto commentare con una propria idea oltre le 5 opzioni proposte. Oltre il 15% di consensi hanno poi raccolto singolarmente tre di queste opzioni, dall'ipotesi di aziende singolarmente organizzate o aggregate tramite un'unità di crisi fino al coinvolgimento del Mipaaf; solo pochi – meno del 6% - sono rassegnati a un destino ineluttabile

Fra i tanti che hanno voluto fornire un contributo spiccano i più che rivendicano giustizia portando i "cronisti impreparati" in campagna per far vedere ciò che davvero facciamo ma non manca qualcuno che fa il mea culpa, dicendo che dovremmo fare meglio e con più controlli perché non sempre siamo ligi e attenti alla salute dei consumatori.

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Gli attacchi vanno evitati con prevenzione e trasparenza

Pochi, però, in questo guazzabuglio di "rimedi a babbo morto" e "scaricabarile" individuano la strada maestra, ovvero LA PREVENZIONE.

Infatti, chi come me si occupa di marketing e comunicazione sa fin troppo bene che sono rari i casi in cui ad un attacco mediatico si può rispondere efficacemente in modo diretto, capita solo per errori madornali e solo se fanno altrettanto notizia. Il segreto è viceversa rendere l'attacco poco probabile adoperandosi a priori a costruire una solida immagine grazie a procedure ferree e trasparenti, dove le risposte non sono costruite per rispondere ad accuse ma sono progettate in anticipo e rese disponibili all'opinione pubblica, proprio per evitare le domande. Questo vale sia per le pratiche di difesa integrata che per i controlli sui prodotti, da qualunque parte del mondo arrivino.

Non si tratta di un percorso che possa essere delegato ad alcun soggetto della filiera, anzi, deve vedere solidalmente responsabili tutti i soggetti, poiché basta un solo buco nel percorso per renderlo insicuro. Su questo piano finora nel nostro settore si è fatto poco o nulla mentre le industrie alimentari hanno da tempo costruito faraonici programmi di comunicazione in questa direzione.

Il settore necessita di una strategia nazionale

Diverso è il discorso di chi deve rappresentare la filiera in situazioni di emergenza: qui invece va individuato un soggetto unico a cui riferirsi, che sia delegato a parlare in modo univoco per tutti con un piano di comunicazione costruito a priori e collaudato periodicamente con "falsi allarmi" proprio come si fa per le procedure antincendio. Su questo fronte la situazione è ancora più complicata vista la frammentazione della rappresentanza delle imprese e la complessità della macchina pubblica. Dietro ad ogni debolezza si nasconde però anche un'opportunità: perché non farne il primo nucleo di concertazione di una strategia nazionale per il settore? Che sia di comune interesse non ci piove, per cui staremo a vedere.

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