«Clementine, urge puntare su una linea made in Italy»

Eleuteri: serve un cambio di rotta. A ottobre convegno con il direttore di Bollo Josè Vercher

«Clementine, urge puntare su una linea made in Italy»
“Evoluzione e prospettive dell’agrumicoltura di domani”: questo il significativo titolo del convegno che si svolge il prossimo 10 ottobre a Corigliano Calabro Scalo (Cosenza) alla presenza di un folto e qualificato gruppo di relatori, esponenti della ricerca, della produzione e del commercio che cercheranno di fare il punto e definire strategie per il made in Italy dopo un confronto con esperienze di altri Paesi, Spagna in primis. Tra i protagonisti dell’incontro - che ha il patrocinio dei tre ordini di agronomi delle tre province clementicole dell'arco Jonico (Cosenza, Matera e Taranto) ed è appunto incentrato soprattutto sulla clementina - l’agronomo Francesco Perri, il direttore commerciale di Aop Armonia Marco Eleuteri e, ospite d'eccezione, il direttore generale di Bollo International Fruit, Josè Vercher.

Il colosso Bollo

“Il convegno - spiega Eleuteri - sarà un appuntamento storico nella storia della clementicoltura italiana grazie alla presenza di Vercher, uno dei maggiori operatori dell'agrumicoltura spagnola degli ultimi vent'anni nonché tra i maggiori protagonisti della storia dei recenti "Club" clementicoli spagnoli come quello della Nadorcot e soprattutto quello della Orri, avendo condotto le trattative con gli israeliani del Vulvani Center per la diffusione della "superprotetta" Orri in Spagna. Una grande occasione per conoscere da vicino sia la storia di una delle aziende leader nel mondo, tra le prime cinque aziende agrumicole spagnole per fatturato, che nel 2015 ha superato i 100 milioni di euro, sia per essere aggiornati sugli ultimi orientamenti varietali dei grandi players spagnoli di settore”.

La relazione di Eleuteri sarà complementare a quella di Perri che farà un’analisi agronomica dello stato attuale delle varietà agrumicole in circolazione e presenterà innovazioni varietali, specie nel settore clementicolo, che potrebbero dare nuovo slancio alla coltivazione di questo agrume in tutto l'arco Jonico.

Aziende troppo piccole per essere competitive

“La dimensione media delle nostre aziende agrumicole è troppo ridotta per essere competitiva sul mercato internazionale”, spiega Eleuteri: “I primi 10 operatori di settore spagnoli fatturano insieme circa un miliardo di euro in agrumi, mentre i primi 10 operatori agrumicoli italiani arrivano si e no a 100 milioni di euro... Chiaro che quando si presentano determinate opportunità sul mercato internazionale, tecnologiche o varietali, loro sono nelle condizioni di approfittarne e noi stiamo a guardare”. 



Sbagliato rincorrere gli altri Paesi: siamo in flessione

“Durante gli ultimi anni l'innovazione per gran parte dei nostri agrumicoltori è consistita nel fare qualche viaggio in Spagna e cercare di portarsi a casa alcune delle varietà più in voga”, ironizza Eleuteri. “E non senza una certa cecità commerciale, come nel caso dell'Afourer/Nadorcot, da più di 20 anni prodotto in Marocco e da almeno 15 su molti scaffali di supermercati italiani.  Continuiamo a rincorrere gli altri e così, negli ultimi venti anni di clementicoltura mediterranea, l’Italia è progressivamente arretrata, uscendo prima da tutti i maggiori mercati internazionali, per poi soffrire anche in casa propria, visto che nel 2014, secondo il Clam, sono state importate più clementine di quante non ne siano state esportate”.

Bisogna puntare su una linea italiana

Eleuteri non ha dubbi: “Se continuiamo a copiare i nostri cugini iberici non andremo lontano e rinunceremo a tutti i ricchi mercati europei: perché una catena di supermercati inglesi dovrebbe comprare tra cinque anni Afourer, Nadorcot, Tango o, tra dieci anni, Orri ammesso che sia possibile, da un produttore italiano, stoppando un fornitore spagnolo che lo sta servendo con quel prodotto da più di vent'anni e che, tra l'altro, lo produce bene e ad un costo inferiore del mio? Non è questa la via del rilancio internazionale della clementina di casa nostra. Un rilancio che, al contrario, deve passare dallo sviluppo di una linea clementicola italiana originata dalla clementina Comune, ossia la clementina tipica o tradizionale italiana, per usare termini oggi cari al mercato”. 

Varietà promettenti crescono

Il direttore commerciale di Aop Armonia tiene a precisare che “c’è già una varietà tardiva figlia della clementina Comune a maturazione a gennaio (periodo Hernandina), e ce n’è anche un'altra, ancora sotto osservazione, ancora più interessante che maturerebbe i primi giorni di ottobre: queste due varietà, insieme alle altre Spinoso e Comune, ci permetterebbero di coprire il mercato con un prodotto Italiano per ben quattro mesi, con frutti tutti simili per gusto e aspetto, e con un marcato "accento" italiano, che sul mercato internazionale ha sempre un certo appeal”. 

Fondamentale investire in ricerca

“Per coprire il resto del calendario, approssimativamente febbraio e marzo - conclude Eleuteri - dobbiamo destinare risorse alla ricerca italiana molto più di quanto non si sia fatto fino ad oggi, fornendo ai nostri scienziati i fondi sufficienti per condurre le loro attività di ricerca; le tecniche attualmente disponibili accorciano notevolmente i tempi necessari per l'ottenimento di nuove varietà partendo da una varietà madre o migliorando quelle già esistenti. Questa è la direzione da seguire, e dovremmo farlo al più presto”.
 
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