Grossa, soda, gustosa: la ciliegia che vorrei

I test condotti dall'Università di Bologna su nuove varietà gradite ai consumatori

Grossa, soda, gustosa: la ciliegia che vorrei
L’unico modo per fidelizzare il consumatore garantendo allo stesso tempo competitività e redditività costante ai produttori è assicurare una elevata qualità dei frutti. E a queste logiche non sfugge l’innovazione varietale del ciliegio.

"Il profilo della ciliegia ideale – spiega a Italiafruit News Stefano Lugli del Dipartimento di Scienze agrarie dell’Università di Bologna - emerge chiaramente da alcuni test condotti per verificare le preferenze dei consumatori: la ciliegia piace grossa, soda e gustosa. Anche l’industria e il mercato sembrano gradire queste caratteristiche, soprattutto quest’ultimo, visto che il prezzo di liquidazione e il valore all’ingrosso delle ciliegie sono sempre più legati al loro calibro, con incrementi lineari delle pezzature”.

Per il produttore, il tutto si traduce in un aumento della plv (produzione lorda vendibile) aziendale e del proprio reddito netto, grazie ai minori costi di produzione. “Ottenere la stessa produzione per pianta con un carico di frutti minore, ma di maggior calibro, non solo aiuta a migliorare la qualità delle ciliegie – osserva Lugli - ma incrementa anche in modo deciso le rese, diminuendo i tempi di selezione e confezionamento del prodotto”.

Proprio in questa direzione si sono sviluppati alcuni programmi di miglioramento genetico dell’Università di Bologna che avevano come obiettivo principale l’ottenimento di nuovi genotipi di ciliegio con frutti di elevata qualità.


Sweet Aryana®

“Abbiamo inserito nelle griglie del processo selettivo delle progenie parametri qualitativi del frutto ben definiti – prosegue il ricercatore dell’Alma Mater – A cominciare da calibri prevalenti non inferiori ai 28 mm, il giusto rapporto 3 a 1 tra zuccheri e acidi in grado di esaltare l’aroma, una consistenza della polpa elevata e una colorazione dell’epidermide rosso intenso e brillante".

"Insieme a queste caratteristiche, le nuove varietà devono poi rispondere a importanti requisiti agronomici e commerciali: garantire livelli produttivi elevati e costanti nel tempo (10-15 t/ha annue, nda), capacità di adattarsi ai moderni sistemi di impianto ad alta densità, possedere una buona tenuta di maturazione in pianta per garantire un’ampia finestra di raccolta, adattarsi alle nuove tecnologie del post-raccolta (hydrocooling e calibratura meccanica o elettronica), garantire una buona shelf-life anche dopo periodi di conservazione più o meno lunghi". Senza dimenticare la tolleranza dei frutti verso alcune avversità abiotiche, vedi cracking, che rappresenta un carattere fondamentale ma, al momento, non sembra essere un obiettivo pienamente raggiunto con le nuove varietà.

Se al momento non esiste una varietà di ciliegio che riunisca tutti questi elementi, l’attuale panorama varietale può però contare su una gamma di interessanti nuovi genotipi con elevati standard pomologici e produttivi. "Nuove varietà – conferma Lugli - che, tra l’altro, hanno avuto in gran parte l’avallo della sperimentazione e sono già presenti sul mercato vivaistico nazionale ed europeo. Alcune di queste, poi, sono state prontamente inserite nelle liste di orientamento varietale da parte di alcune grandi Organizzazioni di produttori".


Sweet Stephany®

Tra le varietà sperimentate, dell’Università di Bologna (Cmvf DipSa) ci sono Marysa®T PA6unibo*, Grace Star*, Black Star* e l’intera serie Sweet® (nella foto di apertura Sweet Saretta®), ma sono state osservate anche le ungheresi Vera* e Carmen* (Rifo Budapest) e le ceche Tamara* e Kordia* (Rbip Holovousy). Poi, dell’Inra di Bordeaux (Francia), Folfer* e Fertard*, e la tedesca Regina (Jes Jork). Da oltreoceano sono state valutate la statunitense Giant Red® Maralay* (M. Niess, CA) e le canadesi Samba® Sumste*, Staccato® 13S2009* e Skeena* (Park Summerland).

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