I buoni frutti arrivano da buone (e sane) piante

Se ne è parlato ieri in un convegno all'Accademia dei Georgofili

I buoni frutti arrivano da buone (e sane) piante
Ieri mattina a Firenze, all’Accademia dei Georgofili, si è svolta una giornata di studio dal titolo “Quale certificazione per la qualificazione dei materiali di propagazione delle piante da frutto?”, organizzata su proposta del Comitato consultivo sui problemi della difesa delle piante dei Georgofili. Nel corso dell’incontro, sono state esaminate alcune tematiche, tra le quali le emergenze fitosanitarie, la quarantena, gli aspetti pomologici, il ruolo delle Regioni e del Servizio nazionale di certificazione volontaria, il sistema di certificazione e il ruolo dell'interprofessionale.

La certificazione genetico-sanitaria dei materiali di propagazione vegetale rappresenta lo strumento di qualificazione delle produzioni vivaistiche che offre maggiori garanzie, permettendo di allargare gli orizzonti commerciali oltre i confini nazionali. Una diretta conseguenza di programmi che sviluppano principi tecnici, organizzativi e procedurali basati su convenzioni internazionali. Ma è anche uno dei sistemi per la prevenzione e il contrasto di malattie delle piante a diffusione epidemica, aspetto che negli ultimi decenni ha assunto grande importanza per la movimentazione delle piante su scala globale.

In Italia i programmi di certificazione sono stati avviati su base regionale negli anni ‘80 per dare una concreta risposta a problemi sanitari e di corrispondenza varietale delle specie fruttifere prodotte in differenti areali. Il ministero dell’Agricoltura, poi, ha istituito la certificazione volontaria su scala nazionale, con la stipula di apposite convenzioni da parte delle Regioni che intendevano aderirvi, mentre l’operatività era centralizzata, a carico degli istituti sperimentali coinvolti.

Intanto, l’evoluzione normativa comunitaria con l’istituzione del Passaporto delle piante CE e le norme di qualità - Cac (Conformitas Agraria Communitatis), il mutato assetto organizzativo della struttura statale a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, oltre all’evoluzione tecnica dei metodi diagnostici, hanno reso necessaria una riorganizzazione del Servizio nazionale di certificazione volontaria.

A distanza di quasi 15 anni, però, sono evidenti le difficoltà per attuare i principi del vigente schema di certificazione volontaria, sia per un’interpretazione e applicazione non omogenea da parte delle Regioni, sia per la presenza di emergenze fitosanitarie che interessano tutto il territorio nazionale. Difficoltà che sembrano accrescere e alimentare un clima di incertezza in previsione delle ulteriori modifiche che sarà necessario apportare, a seguito dell’imminente entrata in vigore delle nuove norme comunitarie.

“Il vivaismo è un settore molto complesso - ha detto Piero Cravedi, presidente del comitato consultivo che ha organizzato l’evento - La normativa sulla certificazione per la qualificazione dei materiali di propagazione ha un ruolo determinante per l'attività vivaistica, sia per il mercato interno sia per gli scambi internazionali. Partire da materiale vivaistico sano e certificato permette di creare le basi di una filiera produttiva in linea con la qualità, con la sicurezza alimentare e con la sostenibilità ambientale ed etica. L'Italia, sotto questo profilo, è un Paese sicuramente all'avanguardia. La diffusione epidemica di molte malattie e infestanti ha richiamato l'attenzione sul ruolo di prevenzione che l'attività vivaistica deve svolgere, ma sono anche fondamentali norme stringenti e uniformi su tutto il territorio, nonché coesione in tutti i settori della filiera vivaistica".

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