Bio, mercato in crescita. Guidi: Le Regioni devono crederci

Bio, mercato in crescita. Guidi: Le Regioni devono crederci
"Le aziende bio associate a Confagricoltura sono il 15% del totale e coltivano più di un quarto degli ettari dedicati a biologico in Italia, ovvero 480 mila ettari. La superficie media aziendale è di circa 50 ettari a fronte di una media nazionale di 33. Rappresentiamo un'agricoltura biologica imprenditoriale, dinamica, vocata all'export ed all'innovazione. Sono cresciute considerevolmente anche le realtà che trasformano i prodotti coltivati". Lo ha detto il presidente della Federazione nazionale dell'agricoltura biologica di Confagricoltura Paolo Parisini nell'introduzione al convegno sul biologico promosso dalla sua Organizzazione.

Nel corso dell'incontro si è sottolineato come l'Unione Europea creda fortemente in questo metodo produttivo, che tutela non solo l'ambiente ma anche la salute umana e gli animali. In quest'ottica, la decisione di Bruxelles: le aziende biologiche destinatarie dei pagamenti diretti ricevono ipso facto la componente ambientale obbligatoria, il cosiddetto greening, che ammonta al 30% del massimale; il che senz'altro spingerà a una crescita significativa delle aziende che si dedicano alle coltivazioni bio.

"Le aziende bio italiane - ha sottolineato il presidente di Confagricoltura Mario Guidi - in generale dimostrano grande vivacità, con una crescita sul mercato interno e internazionale che va sostenuta dai nuovi programmi di sviluppo rurale regionali; molte altre imprese si aggiungeranno. Le regioni però devono crederci".

Dal convegno, infatti, è emerso che dall'analisi dei 21 Psr la situazione cambia notevolmente a seconda dei territori; vi sono, pertanto, regioni nelle quali la misura per il bio incide per quasi il 20% dei budget dei Psr (come Calabria e Sicilia) e altre in cui questa incidenza è estremamente limitata, come nel caso di Veneto, Campania, Lombardia e Piemonte, che investono nel biologico risorse limitate: tra l'1,2 e il 2,5% del budget complessivo dei Psr".

Quindi il tema dei controlli. "Il biologico è un settore sano, anche se periodicamente si sono riscontrati comportamenti scorretti legati soprattutto alla fase di importazione di prodotti dall'estero - ha osservato il presidente di Confagricoltura - Il sistema d'importazione prevede solo l'equivalenza con i sistemi di controllo dei paesi extra-UE, e non la conformità; in tal modo si permette ai produttori stranieri di utilizzare metodiche di produzione che in Europa non sono ammesse. Con la conseguenza di danni competitivi per le aziende bio europee e italiane e  rischi per la sicurezza alimentare".

Secondo Guidi, occorre "modificare la normativa europea sull'accesso al mercato della Comunità e migliorare il sistema di controlli non solo sui prodotti importati ma anche su quelli coltivati e trasformati nel nostro Paese;  spesso sono più finalizzati alla verifica dei finanziamenti relativi allo sviluppo rurale che alla conduzione biologica. A ciò si aggiunge spesso l'elevata burocrazia regionale che si limita a verifiche di tipo formale".

Per quanto riguarda l'export, al convegno di Confagricoltura si è evidenziato come le aziende bio siano decisamente proiettate verso i mercati esteri. Oltre il 74% di queste è presente sui mercati internazionali da più di cinque anni. I principali mercati sono la Germania (24%), la Francia (20%) e i paesi del Nord Europa in generale. Il primo mercato extra UE è quello degli USA (4%). La frutta e la verdura fresca rappresentano i primi prodotti di esportazione (20%), seguiti a sorpresa dai prodotti sostitutivi del latte (bevande vegetali, soia etc.) con il 16%. "Tra le azioni che le regioni devono sviluppare c'è senz'altro - ha aggiunto Guidi - quella dell'aggregazione dell'offerta dei produttori, per consolidarla e favorire le iniziative di internazionalizzazione ma anche per quelle sul mercato interno".

Affrontato anche il tema della ricerca, alla quale il piano strategico nazionale per l'agricoltura biologica, recentemente approvato, assegna notevole importanza. "La ricerca - ha annotato Guidi - è fondamentale  per lo sviluppo del settore al fine di contrastare, ad esempio, i cambiamenti climatici, che causano diminuzione di produttività; utilizzare le specie autoctone, proteggendo e valorizzando al tempo stesso la biodiversità e il miglioramento varietale, è una via da percorrere".

"Il piano nazionale prevede anche un'importante azione per la semplificazione burocratica - ha concluso Guidi - Un'azione a costo zero, che potrebbe portare benefici economici molto importanti alle aziende".