Brexit, nel settore si getta acqua sul fuoco

«Nessuno sconvolgimento». Ma giovedì a Verona Coldiretti scende in piazza

Brexit, nel settore si getta acqua sul fuoco
Brexit continua a far discutere. Anche nel settore agricolo. E nel comparto ortofrutticolo. Mentre a Bruxelles se ne sta parlando nel Consiglio agricoltura e pesca, nella giornata di ieri si sono moltiplicate le reazioni all'esito del referendum che ha portato il Regno Unito fuori dall'Ue. In un comunicato il Ccpb cerca di dare una risposta a cosa cambierà per i consumatori e le aziende italiane che esportano prodotti biologici nel mercato britannico.
Lo scenario più probabile per il Consorzio, è quello di un accordo di equivalenza: prodotti bio certificati nel Regno Unito potranno essere commercializzati nell'Unione Europea e viceversa. Accordi simili sono già in vigore tra Europa e Stati Uniti, Giappone, Canada, Svizzera e molti altri paesi (qui c’è spiegato come funziona l’equivalenza con Ue).

Alle aziende, soprattutto quelle che esportano prodotti bio italiani nel Regno Unito, che sono tante, si ipotizza non verranno richiesti particolari adempimenti in più rispetto ad oggi. Soil Association, la principale organizzazione di certificazione delle produzioni biologiche del Regno Unito, si è dichiarata “very disappointed” nei confronti della Brexit, e ha assicurato che lavorerà con il Governo perché quelle garanzie espresse nel regolamento europeo sia mantenute anche in futuro. Insomma, conclude Ccpb, "se la vita di milioni di persone cambierà dopo il 23 giugno, per il mondo del biologico le novità saranno minime". 

Per Confagricoltura Veneto “il panico sulla Brexit non ha senso”. Dice il direttore Luigi Bassani “i nostri agricoltori non ci stanno a seguire l’isteria dei mercati finanziari”.  “I tempi tecnici per l’uscita vera e propria sono di due anni e dipendono, comunque, dagli accordi che prenderà la comunità europea. Nel frattempo stiamo già assistendo a ripensamenti. Quindi restiamo sereni: continueremo a vendere agli inglesi ancora per molto tempo. E si troveranno gli accordi per garantire i reciproci interessi commerciali”.
Secondo Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona, l’esito del referendum è la giusta frustata ad una comunità europea popolata da burocrati che stanno danneggiando l’economia agraria.

"Gli effetti della Brexit si sentiranno anche nel mondo della cooperazione se si considera che con l’uscita della Gran Bretagna l’Ue perde circa 7mila cooperative con 17,5 milioni di soci, per un valore di 34 miliardi di sterline": lo scrive Italia Cooperativa, il quotidiano online di Confcooperative.

"Complessivamente per il sistema delle piccole e medie imprese italiane si stima una perdita di export per 727 milioni di euro, con ricadute più pesanti per il settore dell’agroalimentare che esporta prevalentemente nei Paesi europei".

Per Confeuro "è necessario ripartire dalla Pac e dal settore agricolo. Attendiamo con ansia che si cominci a discutere di come rilanciare il progetto europeo piuttosto che perdere ulteriore tempo a leccarsi le ferite".

Coldiretti Verona, nella mattinata di giovedì 30 giugno, scenderà in piazza. Tra embargo e Brexit: "A quasi due anni dall’inizio dell’embargo russo per la prima volta in Europa migliaia di agricoltori italiani con i trattori scendono in piazza contro il rinnovo delle misure che hanno azzerato completamente le esportazioni dei prodotti agroalimentari più rappresentativi del Made in Italy scatenando una guerra commerciale che ha provocato pesantissimi danni all’economia e la perdita di posti di lavoro. Un costo insostenibile per l’Italia e l’Unione Europea dopo il voto sulla Brexit con la svalutazione della sterlina che rischia di mettere in crisi anche i rapporti commerciali con la Gran Bretagna che è il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari Made in Italy".
 
Il voto pro-Brexit, come scrive l'Huffington Post avrà anche effetti positivi, almeno per le casse pubbliche. L'uscita della Gran Bretagna dall'Ue farà infatti risparmiare a Italia e Francia il versamento di contributi annui considerevoli che nel 2014 sono stati pari a un miliardo di euro per Roma e 1,4 miliardi per Parigi. Le due capitali infatti si fanno carico della parte più consistente dello 'cheque' che ogni anno Londra riceve dall'Ue come rimborso per i minor benefici che trae dai fondi agricoli europei.