«Opera, l'aggregazione funziona e le porte sono aperte ad altre aziende»

Per Apo Conerpo questa è la strada da seguire anche per i kiwi

«Opera, l'aggregazione funziona e le porte sono aperte ad altre aziende»
E' l'ultima nata in casa Apo Conerpo e forse proprio per questo le attenzioni del mondo ortofrutticolo sono concentrate su Opera, la cooperativa a cui è affidata la commercializzazione di tutte le pere del gruppo (due milioni di quintali nel 2015 ottenuti da mille produttori su circa seimila ettari).

I risultati della nuova filiale commerciale in mano a Luca Granata sono molto attesi. Ieri a Bologna il presidente di Apo Conerpo Davide Vernocchi e il vice Roberto Cera si sono detti soddisfatti del primo anno di attività di Opera e anche ottimisti sul futuro. “E' una realtà importante nella quale il nostro gruppo si è messo in discussione: prima si commercializzava secondo logiche territoriali, ora seguendo una logica di gruppo”.

Una modalità che, sul mercato, ha ottenuto risultati e, come sottolinea Cera, “solo per il fatto di aver costituito Opera i prezzi spuntati sono stati migliori”. E ora Opera è destinata ad ampliare la base sociale.
“La Gdo italiana ha inefficienze importanti ma se noi produttori non riusciamo a ottenere prezzi adeguati è perché non riusciamo ad aggregarci – è il ragionamento di Vernocchi – Se ad Opera avessero aderito altre realtà, invece di due milioni di quintali di pere magari ne avremmo commercializzati tre, avendo un peso contrattuale diverso. Opera era, ed è, aperta a tutti coloro che hanno interesse a valorizzare questo prodotto. C'è spazio per altri”.



I risultati ottenuti e una forte campagna pubblicitaria a fine estate dovrebbero essere le leve con cui convincere altri soggetti ad entrare a far parte di Opera. Il progetto vuole lanciare sul mercato un brand dedicato alla pera, Opera per l'appunto, e per far fruttare al meglio le sinergie; l'obiettivo sarebbe quello di aggregare almeno 3,5/4 milioni di quintali di pere. “Opera ha funzionato ed è ancora aperta a tutti – sottolinea Cera – questa è la strada per le pere, ma anche per altri prodotti”.

Per esempio i kiwi. “Dopo un 2015 record con sei milioni di quintali di kiwi, riteniamo che il potenziale italiano possa crescere nei prossimo anni fino a 7-8 milioni di quintali – osserva Vernocchi – O ci sarà aggregazione o rischiamo che il kiwi faccia la stessa fine delle pesche e delle nettarine. C'è chi parla dell'Interprofessione, una componente importante ma che non può pesare come un'aggregazione commerciale capace di gestire il mercato. Dobbiamo costituire un momento aggregativo reale, non tavoli di coordinamento dove tutti vengono per raccontarsi bugie: possiamo essere forti solo nel momento in cui gestiamo il prodotto”.

Dopo le pere, dunque, i kiwi. E poi patate e cipolle; tutte colture dove economie di scala, investimenti mirati e forte specializzazione costituiscono gli elementi per poter dare reddito ai soci produttori.

Copyright 2016 Italiafruit News