Caporalato in Puglia, al Tg5 le ragioni degli operatori

Suglia e Del Core: «Le aziende organizzate non ne hanno bisogno, ma la legge picchia duro»

Caporalato in Puglia, al Tg5 le ragioni degli operatori
"Le nostre aziende non hanno bisogno dei caporali: il problema è che la nuova legge, per castigare gli errori di qualcuno, fa pagare duramente tanti". Lo ha detto Giacomo Suglia davanti alle telecamere del Tg5 che ieri, nell'edizione delle 20, ha dedicato un servizio al caporalato in Puglia. La mini-inchiesta inizia in un vitigno della Barese dove il giornalista Antonio Bartolomucci intervista un ex artigiano che - dopo aver chiuso l'attività per colpa della crisi - ha deciso di sposare l'agricoltura dedicandosi all'uva, ed un ex emigrato negli Usa, tornato nella regione Natale per lavorare in mezzo ai grappoli. "Noi qui di caporali non ne abbiamo mai visti e non ne abbiamo mai sentito parlare", spiegano entrambi.

Subito dopo Massimiliano Del Core, responsabile commerciale di un'importante azienda agricola, spiega "che in Puglia ci sono delle nicchie dove l'illegalità può avere spazio ma non è il caso della gran parte delle aziende ortofrutticole che sono strutturate ed organizzate; avrebbero solo da perderne e stanno nella legalità".



Le telecamere del Tg5 si spostano quindi a nord verso Foggia "dove, qui sì - dice Bartolomucci - i caporali ci sono e sono dell'Est". Vieni quindi intervistato, davanti alla roulotte dove abita, un "lavoratore" bulgaro che percepisce 4 euro l'ora.
Il giornalista conclude il servizio spiegando che la nuova legge prevede la confisca dei beni per caporali e datori di lavoro consapevoli dello sfruttamento, la reclusione da 6 fino 8 anni e multe tra i 500 e i mille euro per ciascun lavoratore reclutato.



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