«Legge sul caporalato e articolo 62, così non va»

Il produttore lucano Giuseppe Corrado: l'agricoltura ha subito un'involuzione

«Legge sul caporalato e articolo 62, così non va»
Uno sfogo amaro. E' quello di Giuseppe Corrado, produttore di Nova Siri Marina (Matera) che in un ampio testo inviato a Italiafruit News vuole mette in luce quelle che - a suo giudizio - sono le incongruenze del sistema: gli effetti della legge contro il caporalato da una parte, la mancata applicazione dell'articolo 62 dall'altra. E poi tutte le difficoltà nel fare agricoltura oggi, con una politica distante anni luce dai problemi dei produttori e la pressione della Grande distribuzione organizzata. Ecco un sunto della sua lettera:

"L’agricoltura del terzo millennio ha subito, a mio avviso, un'involuzione che si potrebbe etichettare come eccessiva perdita dell'autonomia imprenditoriale", scrive Corrado. "Delle tipiche aziende agricole che nel dopoguerra avevano fatto notevoli passi in avanti in termini di tecnologia e produzioni di eccellenza resta poco. Ormai sono quasi tutte assoggettate al mondo finanziario da una parte, oppure a detentori di brevetti di piante che in non pochi casi coincidono con le catene distributive. Queste ultime attuano il seguente meccanismo: ti dò le piante e coltivi, poi noi te le commercializziamo. Sperando in una liquidazione finale onesta". "Tutto questo - prosegue Corrado - è consentito da una liberalizzazione selvaggia, la quale ha permesso che pochi - si contano sulle dita delle mani - abbiano un potere economico/finanziario imponente".

"Se non ti adegui sei tagliato fuori, nessuno ti vende le piante, nè commercializza il prodotto", aggiunge Corrado. "C'è da rimpiangere i gloriosi Mercati generali presenti in quasi tutti i capoluoghi, dove c’era una sana concorrenza. Una situazione che vivo quotidianamente insieme a mio fratello, nella piana del Metapontino in provincia di Matera, dove agli inizi degli anni Ottanta abbiamo ereditato un'azienda agricola di 100 ettari coltivati in parte a frutteti  - circa 30 - il resto a cereali e, in minima parte, orticole. La mole di lavoro che sviluppiamo non è proporzionale ai ricavi. Gli strumenti legislativi ci sarebbero pure ma non sono attuati: si veda in proposito la legge 27/12 articolo 62, detta del "giusto prezzo", rimasta lettera morta".

"Di contro - scrive ancora Corrado - dobbiamo subire i rigori della legge anticaporalato 199/16. In pratica i contratti di lavoro diventano legge, ma la cosa che più preoccupa sono gli indici che ne determinano la soglia. Sono quattro: il salario, l'antinfortunistica, l'orario di lavoro e la videosorveglianza. Non c'è un parametro oggettivo uguale per tutti. In tal modo, prevale la libera discrezione del funzionario controllore e del giudice. Non sono contrario a tale legge che però andrebbe meglio regolamentata. Proporrei, peraltro, di applicarla anche alla parte finale della catena produttiva e cioè alla grande distribuzione, per imporle il rispetto della legge sul giusto prezzo".

Prezzi che andrebbero determinati, secondo Corrado, basandosi sui "mercuriali" delle Camere di Commercio "facendoli diventare legge, come il salario pattuito con i nostri dipendenti": "Dovrebbe essere compito della politica garantire, su tutto il ciclo della produzione, dalla campagna allo scaffale, un giusto ed equo prezzo e non lasciare che tale vuoto sia colmato dalla magistratura. Vedo il rischio di un ritorno al Medioevo, a una mezzadria al contrario, con gli agricoltori proprietari formali gravati dalle tasse e dai contatti da rispettare, oltre che del rischio di eventi avversi, che nell'anno mille erano in capo invece ai feudatari".