«Cina, istanza aperta per il dossier mele e pere»

Intervista al viceministro Andrea Olivero: «Da Pechino segnali incoraggianti»

«Cina, istanza aperta per il dossier mele e pere»
L'export ortofrutticolo italiano verso la Cina - considerando fresco e trasformato - nel 2016 ha raggiunto i 27 milioni di euro, in crescita del 12,8% rispetto all'anno precedente. Un export sostanzialmente trainato dai kiwi, ma la bilancia commerciale con Pechino - stando ai dati dell'Ice, l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane - è in rosso per 105 milioni, perché lo scorso anno le importazioni dalla Repubblica Popolare sono state pari a 132 milioni (in calo del 3,8% sul 2015). Andrea Olivero, viceministro all'agricoltura, ieri ha partecipato alla presentazione del Macfrut 2017. Italiafruit News lo ha intervistato sui possibili sviluppi delle relazioni commerciali con la Cina.

Olivero, quanto influiscono le barriere fitosanitarie?
Aprire nuovi mercati è una necessità, per farlo servono accordi ed è indispensabile un'azione di responsabilità istituzionale. Dobbiamo contrastare le barriere non tariffarie, spesso vestite da barriere fitosanitarie, che hanno creato lacci e lacciuoli per le nostre esportazioni. C'è un nuovo vento protezionistico che si sta presentando sui mercati, va contrastato con la logica del buonsenso.

Dopo aver chiuso il dossier agrumi con la Cina ora l'Italia è pronta ad aprire quello su mele e pere?
Con i cinesi avevamo un accordo: prima di iniziare un ragionamento su mele e pere, doveva essere ufficialmente chiuso il dossier agrumi. Noi in realtà avevamo già preparato le carte per aprire il dossier mele e pere e non appena è stato archiviato quello sugli agrumi abbiamo immediatamente fatto istanza. Quindi si stanno impostando tutti i lavori preparatori per poterlo avviare. Per noi è un dossier strategico, sia perché alcuni nostri competitor, anche se piccoli, sono già riusciti ad arrivare su questo mercato; sia perché in questi anni la qualità di questi prodotti è cresciuta e crediamo possa essere estremamente apprezzata dal mercato cinese. Crediamo fermamente in questo obiettivo. L'auspicio è che la Repubblica Popolare Cinese ascolti le nostre esigenze. Le parole dell'ambasciatore cinese in occasione della presentazione di Macfrut mi rendono ottimista.

Dunque vi aspettate un cambio di passo rispetto al dossier agrumi?
I segnali che ci arrivano, la visita del presidente Mattarella in Oriente, le dichiarazioni fatte, ma anche l'attuale bilancia commerciale di questo settore con la Cina, tutto fa pensare a un cambiamento di rotta e un'intensificazione delle relazioni. Questo è un tema fondamentale perché si possa proseguire, concretamente, nei buoni rapporti tra i due Paesi.

E una fiera come il Macfrut può essere considerata un ponte diplomatico commerciale?
Assolutamente sì, soprattutto perché dimostra come il nostro Paese voglia competere sulla fascia alta, andando a innovare. Questo è un aspetto molto importante: presentarsi come filiera è un elemento competitivo importante. Dimostrare ai buyer cinesi quanto possiamo fare in rapporto a quello che fanno i nostri rivali può essere una chiave competitiva.

A proposito di competitività, cosa penalizza l'Italia e cosa, invece, premia il nostro sistema ortofrutticolo?
I costi di produzione ci mettono in difficoltà, a volte ci fanno andare fuori mercato. Ma con qualità, innovazione e nuovi prodotti, che possono essere meglio supportati a livello promozionale, si può vincere. Bisogna però avere una visione completa dell'internazionalizzazione: all'ortofrutta il solo export non basta, bisogna comprendere i bisogni dei nuovi mercati, pianificare le produzioni e fare in modo che il prodotto arrivi nel momento più opportuno.

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