«Mele, troppe varietà. Il rischio è di vendere zucche colorate»

Peter Larcher (Julia): «Ce lo dice anche la Gdo, il consumatore fa confusione»

«Mele, troppe varietà. Il rischio è di vendere zucche colorate»
Troppe varietà di mele sul mercato creano confusione. Parola di Peter Larcher, presidente di Mela Julia, il consorzio di produttori della mela del Friuli Venezia Giulia. In un confronto con Italiafruit News, l'imprenditore friulano analizza l'andamento del mercato e sollecita il settore a perseguire la strada della qualità.



Presidente, le premesse di questa campagna commerciale erano positive. Com'è stata, nei fatti, la prova del mercato?
Il mercato ha retto bene per le varietà rosse. La Golden, invece, ha sofferto: per noi che vale meno del 30% non è stato un problema, ma ci sono realtà cooperative in cui questa varietà incide per il 60% dei volumi e le criticità non sono state poche. Come prezzi siamo attorno a un 10% in meno rispetto allo scorso anno. Ma questo non vale per la Mela Julia; ce la siamo cavati anche con la Golden perché abbiamo puntato sull'alta gamma, ci ha premiato la qualità e il gusto dei nostri frutti.

Come se la passa l
a mela friulana?
Purtroppo la nostra regione ha subito e sta subendo una forte e drastica contrazione delle superfici dedicate. L'avvento del prosecco e la bassa redditività della mele ci ha fortemente danneggiato. Nell'ultimo decennio abbiamo perso oltre il 50% delle superfici, con i produttori che si stanno spostando sulla vitivinicoltura.



Questo vale anche per il vostro consorzio?
Il nostro gruppo di produttori non ha subito contrazioni, siamo fermi sui 300 ettari complessivi. I nostri soci producono circa 3.500 tonnellate di mele l'anno, i volumi sono in crescita anche grazie all'incremento del biologico.

Quali sono le varietà di riferimento?
Estremizzando potrei dire che vanno bene tutte tranne la Golden, anche se sul mercato nazionale registriamo una forte richiesta grazie al nostro brand e alla buona qualità di questa cultivar nella parte iniziale della campagna. La nostra mela non ha l'acidità di una mela di montagna, ha un grado zuccherino alto, gradevole, si presenta croccante: dalla raccolta fino a gennaio siamo molto competitivi. Ma le varietà... sono troppe.

Ne è sicuro?
Ce lo sta dicendo anche la grande distribuzione organizzata. Il consumatore sta facendo confusione. Il mercato della Red Delicious è completamente rovinato, ci sono tanti cloni che puntano al colore e poi danno prodotti non validi: si finisce per vendere una zucca colorata, non una mela! C'è un'eccessiva rincorsa all'aspetto estetico e il contenuto finisce in secondo piano. Di riflesso, si sta sviluppando una nuova moda, con il proliferare di varietà tipiche, tradizionali, antiche... Chi più ne ha, più ne metta. Ma è un grande flop: vanno bene per gli appassionati, ma non si conservano, non danno garanzie di produzione, men che meno di redditività. Insomma, sono meli da piantare in giardino.



E il tema delle varietà club?
Grandi colossi rincorrono l'idea della Pink Lady. Un'esperienza unica, un'altra non ci sarà. I tempi per le mele club sono ormai passati. E' inutile averne così tante, i costi, i sacrifici economici per promuovere una varietà club oggi sono talmente elevati che sono necessari alti volumi e un mercato pronto, altrimenti la cosa diventa insostenibile.

Qual è allora, secondo lei, la strategia da seguire?
Fare le mele buone, raccoglierle mature senza sfruttare troppo gli impianti, utilizzare la tecnologia per conservarle al meglio e poi commercializzare prodotti di alta qualità. In poche parole darsi delle regole e rispettarle. Noi di Mela Julia seguiamo disciplinari molto restrittivi. Il settore deve capire che se la mela è buona il consumatore continua a sceglierla, altrimenti si sposta su altri prodotti. Il rischio è che i melicoltori rovinino il mercato con le proprie mani.

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