Focus sui rischi legati al basso impatto ambientale

Focus sui rischi legati al basso impatto ambientale
L'agricoltura a basso impatto ambientale espone le imprese a rischi spesso sottovalutati. Tuttavia, imboccare la strada della sostenibilità in campagna è inevitabile. Le produzioni certificate, meglio ancora le biologiche, riscuotono infatti successo crescente sui mercati. Serve dunque assicurare il rischio che deriva dalla messa al bando della chimica in campo. Di questo si è parlato nei giorni scorsi a Villa Mosconi Bertani a Negrar (Verona) al convegno "Agricoltura a basso impatto ambientale e rischio assicurativo", organizzato da Codipa, consorzio difesa produzioni agricole (oltre 5.300 soci e 21mila ettari "protetti").

Il consorzio, convenzionato con 22 compagnie assicurative, ha offerto nel 2016 copertura a una produzione di 4,5milioni di quintali, per 180milioni di valore. A tracciare lo scenario Roberto Cipresso, enologo, Elena Neri, fondatrice di Indaco2, società spin-off dell'Università di Siena, specializzata in valutazione ambientale e indicatori di sostenibilità, Fulvio Tonon, ingegnere che ha parlato di nuove tecnologie, come i droni, usabili per il rilievo dei danni in campo o in vigna. In giornata, anche la dimostrazione in campo di alcune macchine agricole a basso impatto.

"La sostenibilità in agricoltura ha costi elevati. Per chi decide di coltivare nel rispetto dell'ambiente sono necessari investimenti. È quindi utile esporsi a un livello minimo di rischi", spiega il direttore di Codipa, Lucio Fedrigo. "Al momento non ci sono prodotti assicurativi mirati, benché previsti dal piano assicurativo nazionale. I costi sarebbero ammortizzabili al 50%, attingendo ai contributi comunitari a fondo perduto. Il consorzio sta studiando una formula innovativa, una sorta di polizza d'area che possa essere usata da chi lavora su porzioni del territorio veronese - prosegue - Serve che gli imprenditori creino aggregazioni, mentre noi andremo a bussare alla compagnie assicurative".

La necessità di fare massa dipende dall'esigenza di dimostrare che marcescenze o danni al raccolto, prodotti dal proliferare di insetti, entrambi connessi alla messa al bando della chimica in campo, sono comuni a più imprese e non causati da errori nelle tecniche di coltivazione adottate.

Fonte: L'Arena