La Corte di giustizia Ue «riapre» agli Ogm

La sentenza di ieri su un caso del 2014. Mezzetti (Univpm): «Legittimare la ricerca»

La Corte di giustizia Ue «riapre» agli Ogm
“Posso solo dire che sono contento e che, se anche i ricercatori facessero lo stesso, avrebbero ragione nel continuare in modo legittimo la ricerca in campo di organismi geneticamente modificati (Ogm)”. Questo il commento a caldo di Bruno Mezzetti, professore dell’Università Politecnica delle Marche, alla notizia che Corte di giustizia europea ha stabilito come, secondo il diritto Ue - qualora non sia accertato che un prodotto possa comportare un grave rischio per la salute umana, degli animali o per l'ambiente - né la Commissione né gli Stati membri abbiano la facoltà di adottare misure di emergenza quali il divieto della coltivazione, come fatto dall'Italia nel 2013.

La sentenza emessa ieri riguarda il caso di un agricoltore italiano che nel 2014 piantò mais Ogm (autorizzato dall'Ue) nonostante un decreto interministeriale dell’anno prima ne vietasse la coltivazione e che, per questo motivo, fu penalmente perseguito.

In sostanza, per la Corte di giustizia quel decreto non era legittimo perché il “principio di precauzione” deve basarsi sulla certezza dell'esistenza del rischio, altrimenti non permette di eludere o modificare le disposizioni previste per gli alimenti Ogm, già oggetto di una valutazione scientifica completa prima di essere immessi in commercio.
Intanto, però, con una direttiva Ue approvata nel 2015, i Paesi membri possono vietare la semina di Ogm anche se autorizzati a livello Ue e l’Italia, come ricorda l’agenzia Ansa, è tra i 17 Stati membri che hanno scelto questa possibilità.

Insomma, la situazione resta intricata. E, se gli studi scientifici, a livello internazionale, sono concordi nell'affermare che gli Ogm non fanno male alla salute e all’ambiente, per un’indagine Coldiretti/Ixe’ divulgata ieri in occasione della sentenza, quasi il 76% dei cittadini italiani si oppone al biotech.

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