Pinoli, un'opportunità di reddito?

Il mercato mondiale è stato recentemente invaso dal prodotto cinese. L'analisi

Pinoli, un'opportunità di reddito?
Quella del pinolo è certamente una coltura di nicchia, ma le richieste del mercato in crescita e l'alto prezzo di vendita al dettaglio ne fanno una coltura interessante. Già apprezzato da etruschi e antichi romani, il pinolo è un seme alla base di molti piatti della tradizione, a cominciare dal pesto. Le sue proprietà nutraceutiche, poi, lo fanno rientrare a buon diritto tra i cosiddetti supercibi.

Si fa presto a dire pinoli, ma di varietà ce ne sono molte. E iniziare una coltivazione richiede tempo e una analisi dettagliata di costi e benefici. Vediamo allora quali sono gli elementi da tenere in considerazione prima di approcciarsi a questa coltura.

Nel Mediterraneo è diffuso il Pinus pinea (chiamato anche pino domestico, pino da pinoli o pino d'Italia), un albero sempreverde, resinoso, con le tipiche foglie sottili e allungate. Può vivere anche 200 anni ed è una pianta piuttosto rustica, che sopporta bene la carenza di acqua e il caldo intenso. E' una specie con una rapida crescita, che può raggiungere i 25-30 metri di altezza ed è caratterizzata dalla famosa chioma ad ombrello che contraddistingue tante aree d'Italia.

Ad interessare gli agricoltori sono le pigne. Questi frutti, lunghi 8-15 centimetri, maturano nel giro di tre anni dalla fecondazione liberando i semi, i pinoli, racchiusi in un tegumento legnoso molto duro e ricoperto da un pulviscolo marrone scuro. Il pinolo sgusciato non raggiunge il grammo e la produttività della pianta dipende da innumerevoli fattori a cominciare dal terreno di coltivazione, dell'accesso all'acqua, dalla presenza di parassiti e dalla densità di impianto.

Il pino da pinoli è una pianta che non necessita di particolari cure ma per avere una produzione sostenuta deve avere accesso alla luce e mal sopporta terreni salini. Nei primi anni di vita la pianta sviluppa velocemente il fittone che penetra in profondità nel suolo alla ricerca di acqua. In questa fase la pianta è molto suscettibile a contrarre malattie e all'attacco dei parassiti. Per questo invece della semina diretta si consiglia l'impianto con pini di 2-3 anni.

Anche se il Pinus pinea si adatta bene a suoli poveri, nella scelta del terreno per l'impianto ci si deve orientare su terreni freschi, che devono essere sottoposti ad una aratura profonda. Come detto la semina diretta è sconsigliabile perché le giovani piante sono molto precarie. Meglio orientarsi su pini allevati in vivaio, magari con l'uso di fitocelle.

"La piantumazione viene fatta con un numero elevato di piante, tra le 1.100 e le 1.600 a seconda del sesto di impianto, che poi verranno selezionate nel corso degli anni attraverso successivi sfolli, interventi intercalari che si fanno prima dei 15 anni, e diradamenti, almeno un paio a partire da 15-20 anni", spiega ad AgroNotizie Marco Paci, professore dell'Università degli studi di Firenze. "A 35-40 anni la pineta deve avere la densità definitiva, da 120 a 250 piante per ettaro".

Le giovani piante devono essere protette con la pacciamatura del terreno che preserva le radici dal freddo e scoraggia le infestanti che nel primo periodo potrebbero competere per le risorse nutritive e la luce del sole. "Proprio la necessità di un buon irraggiamento durante tutta la vita della pianta richiede interventi di potatura per permettere alla luce di penetrare nella chioma", continua Paci. "Inoltre la potatura è funzionale alla raccolta del frutto, specialmente se viene effettuata a mano".

Sfortunatamente il pino italiano comincia a produrre frutti intorno al decimo anno di età e il picco massimo si ha tra il quarantesimo e l'ottantesimo anno. La fioritura, che avviene a maggio-giugno, porta alla fecondazione degli ovuli tramite il trasporto del polline effettuato dal vento (anemofila). La maturazione impiega tre anni per giungere a compimento. A fine maturazione la pigna rimane chiusa e trascorre in questo stato tutto l'inverno fino all'estate successiva, quando il calore del sole porta ad una apertura del frutto e alla dispersione del seme.

La raccolta delle pigne inizia in ottobre-novembre e prosegue fino a giugno. La produttività, come detto, è molto variabile e dipende dalla tipologia di terreno, dalla densità di impianto, dall'età delle piante, dall'andamento climatico, dalla disponibilità di acqua e dalla presenza di parassiti. Una pineta in salute e nel pieno della sua produttività arriva a generare 7-8 tonnellate di pigne all'anno ad ettaro e da un albero si ricavano in media 1,2 chili di pinoli.

La raccolta avviene in due modi: in maniera tradizionale o attraverso macchinari. Nel primo caso gli operai si arrampicano per mezzo di ramponi o scale sui pini e fanno cadere a terra le pigne mature grazie a dei bastoni dotati di rostro. Questo è un metodo pericoloso e altamente dispendioso, anche perché richiede passaggi successivi durante l'autunno-inverno. L'incidenza della manodopera sul costo finale del prodotto risulta dunque preponderante.

In alternativa sono state utilizzate delle macchine a scuotimento, come quelle usate per gli ulivi, che hanno dato buoni risultati. Il pino non risente delle vibrazioni, ma se di grandi dimensioni la caduta dei frutti maturi è solo parziale e non coinvolge quelli posti sui rami periferici. Inoltre queste macchine possono operare solo su terreni piani e con una densità di impianto inferiore alle 400 piante.

Le pigne vengono raccolte e portate in centri di raccolta dove vengono accatastate e lasciate essiccare fino all'estate successiva. La fase di sgusciatura è ormai completamente meccanizzata. Le pigne vengono essiccate con dei getti d'aria calda e triturate grossolanamente. Il guscio che contiene il pinolo viene separato e riscaldato all'interno di un forno rotativo. Si passa poi alla sua apertura, alla separazione del seme e alla successiva mondatura e lavatura, fino al confezionamento.

Come detto il Pinus pinea è una pianta rustica, che non richiede particolari cure, ma che è soggetta all'attacco di alcuni insetti e malattie. Tra i più comuni ricordiamo la processionaria del pino, un lepidottero le cui larve defogliatrici possono arrecare gravi danni alla chioma, e il Pisone del pino, un coleottero xilofago che scava gallerie nel tronco dell'albero.

Dal 1999 in Italia è presente la cimice dei pini (Leptoglossus occidentalis) chiamata volgarmente cimicione o cimicione americano. Un insetto originario del Nord America che si nutre della linfa della pianta provocando seri danni alle produzioni. Durante i primi stadi di maturazione della pigna infatti questa cimice succhia la linfa portando il frutto e i semi al disseccamento.

In altre regioni d'Europa interessate da questo insetto, come la Spagna, si è proceduto con la lotta integrata immettendo nell'ambiente gli antagonisti naturali del Leptoglossus occidentalis. In Italia tuttavia è illegale, a meno di deroghe, introdurre volontariamente specie aliene.
 
Ma quanto rende la coltivazione del pino domestico? L'anno scorso il volume d'affari per la Gdo è stato di 50 milioni di euro. Crescono i volumi di vendita (+0,9%) rispetto all'anno precedente ma cala il fatturato. Il motivo è dovuto alla presenza sempre più massiccia del pinolo cinese venduto a prezzi molto più abbordabili rispetto a quello italiano ed europeo in generale. Da sola Pechino produce il 62% dei pinoli su scala globale, seguita dalla Corea del Nord. Ma attenzione, non tutti i pinoli sono uguali. Quelli cinesi sono della varietà Pinus koraiensis, mentre i nostrani sono P. pinea, di qualità superiore.

Nei nostri supermercati i prezzi al dettaglio sono molto variabili e negli ultimi anni sono saliti a causa della riduzione delle produzioni nazionali. Vanno dai 50 euro il chilogrammo per il prodotto di origine cinese, fino ai 90 euro per il prodotto biologico nostrano.

Autore: Tommaso Cinquemani  

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