Promozione, l'Ue boccia l'ortofrutta italiana

Tutti i progetti al palo. Interrogazione di De Castro e analisi di Bruni

Promozione, l'Ue boccia l'ortofrutta italiana
E’ stato pubblicato ieri l’elenco dei 52 programmi approvati dalla Commissione Europea per la promozione dei prodotti agroalimentari sui mercati esteri. La notizia era stata anticipata sul Sole 24Ore di domenica scorsa passando, apparentemente, inosservata. E dire che era una pagina intera: dedicata alla mancata approvazione dei progetti di promozione per l’ortofrutta Made in Italy. Che non è sola, visto che si tratta di un flop per tutto l’agroalimentare nazionale: soltanto tre progetti sui 52 totali hanno ottenuto i fondi. Il che significa co-finanziamenti per soli tre milioni sui 115 a disposizione.
Ma torniamo a frutta e verdura italiana: nel quadro dei programmi 2018/20 – ed è il secondo insuccesso dopo quello dell’anno scorso - nessuno riguarderà la loro promozione e informazione sul mercato interno o nei Paesi terzi. Nessuna delle realtà nazionali attive nel settore ortofrutticolo ha cioè ottenuto risorse.
Niente per il Cso Italy e per Unaproa, niente per il Consorzio della Mela Alto Adige e per l’Aop Gruppo Viva. E nemmeno per i Consorzi del pomodoro San Marzano e della Carota di Ispica. Nessuno di loro, infatti, avrebbe superato l’esame della Chafea (Consumers, health, agriculture and food executive agency), l’agenzia europea che dal 2014 seleziona i programmi di promozione. Al contrario, Francia e Spagna hanno incassato l’approvazione per 26 programmi e ora saranno ancora più competitive, con più risorse da investire sui mercati esteri.

Sintomo di qualcosa che non funziona, o non ha funzionato, visto che lo stesso Paolo De Castro, primo vicepresidente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Ue, sta preparando un’interrogazione parlamentare da presentare alla Commissione: “In generale, nell'interrogazione chiederemo un chiarimento in merito alle motivazioni che hanno portato a un crollo dei finanziamenti dei programmi italiani negli ultimi due anni”.

“E’ evidente nel risultato finale che l’Italia porta a casa pochissimo e l’ortofrutta in particolare niente – dice a Italiafruit News il presidente di Cso Italy, Paolo Bruni - Segno che c’è qualcosa che non va nel sistema Italia verso le istituzioni europee”.
Fino a due anni fa, i progetti erano preselezionati dallo Stato membro (per l’Italia il compito era del ministero delle Politiche agricole) che faceva una cernita tra i progetti migliori e poi li sosteneva nelle opportune sedi comunitarie. “Come Cso – ricorda Bruni - in quel tipo di sistema siamo riusciti per più di dieci anni consecutivi a svolgere progetti (Mr Fruitness per esempio è stato approvato per tre trienni consecutivi, ndr). Da due anni la normativa è stata completamente sconvolta, gli stati membri non hanno diritto di preselezione e tutto viene vagliato dall’agenzia europea Chafea, che poi dà i risultati”.

I casi sono due. Può darsi che ci sia un sistema di valutazione ed elaborazione dei progetti sui quali l’Italia non ha ancora imparato a inserirsi (ma evidentemente altri Paesi sì), oppure gli altri stati membri hanno fatto quadrato per presentare i progetti in modo che siano accolti.
“Fatto sta – osserva il presidente di Cso Italy – che siamo sconfitti tutti, noi che abbiamo presentato domanda e le forze politiche e istituzionali non siamo riusciti a entrare nella nuova metodologia per ottenere determinati punteggi. L’unico nostro programma approvato, quello multiplo con capofila la Francia, rende evidente una carenza di tutti noi insieme. Così – conclude Bruni – con gli associati del Cso e le loro associazioni di imprese (Fruitimprese e Alleanza delle coop agroalimentari, ndr) chiederemo al Mipaaf un incontro per aiutarci ad aggiustare il tiro per il futuro”.

Poi, certo, se la strategia nazionale dell’ortofrutta fosse resa operativa in tempi stretti, potremmo anche sperare di poter cambiare (ancora) le cose.

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