La filiera delle patate riparte con Agripat

Con 1.023 soci l’Op (già Assopa) riunisce più del 10% della produzione italiana

La filiera delle patate riparte con Agripat
“Con la nuova denominazione vogliamo dare massimo rilievo alla rappresentatività della nostra Organizzazione di produttori per assumere ancora più peso lungo la filiera. In Emilia Romagna, prima regione produttrice di patate in Italia, avere un'associazione unica rafforza il ruolo dei produttori, anche se lo scopo resta sempre lo stesso,valorizzare al meglio le nostre produzioni”. Così il presidente, Michele Filippini, commenta la “trasformazione” della vecchia Assopa nella Organizzazione di produttori (Op) Agripat, formalmente deliberata dall'assemblea dei soci il 5 ottobre. Vicepresidente è Maurizio Cesari.

Nello specifico, l’Op riunisce 1.023 agricoltori (266 associati direttamente e 757 tramite le otto cooperative aderenti), per un totale di 2.555 ettari, corrispondenti a più del 10% della produzione nazionale di patate per il mercato del fresco. La sola provincia di Bologna agglomera 1.718 ettari, seguita da Ferrara e Ravenna.

“Rispetto al 2012 - continua Filippini - le superfici destinate a patate sono scese a 2.555 ettari, quasi il 22% in meno, ma i volumi prodotti sono rimasti costanti o addirittura aumentati. Questo perché il calo degli ettari è coinciso con l’abbandono di tante piccole superfici condotte da agricoltori non specializzati ma anche per la crescente capacità imprenditoriale e tecnico-agronomica dei soci che hanno amntenuto il loro impegno con professionalità e passione”.

“L'esercizio 2016/17 ha visto il netto incremento dei soci conferenti, grazie all’arrivo di aziende che fino all’anno scorso erano in Appe (altra associazione di produttori, ndr). Il che candida la nuova vecchia Agripat a diventare un riferimento per il comparto pataticolo, non solo bolognese”.

“Abbiamo numerosi progetti in cantiere, anche nei consorzi dove siamo rappresentati (Dop Bologna e Consorzio Patate italiane di qualità, ndr), e dovremo lavorare molto perché il sistema emiliano-romagnolo si rafforzi a beneficio del mondo agricolo, per raddrizzare le storture che affligono la filiera. Una scommessa – conclude Filippini - che si potrà portare a rendita solo se riusciremo ad attrarre e mantenere uniti tutti i produttori che operano in questi areali sotto l'ombrello protettivo del Contratto quadro”.

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