Agricoltura metropolitana protagonista a Bologna

Agricoltura metropolitana protagonista a Bologna
Proseguono i lavori dei partner di Madre, progetto europeo co-finanziato dal programma Interreg Med il cui scopo è promuovere l'agricoltura urbana come motore di un nuovo tipo di economia, più sostenibile ed innovativa, per le metropoli mediterranee. A portarlo avanti sono le sei aree metropolitane (Barcellona, Bologna, Marsiglia, Montpellier, Salonicco e Tirana), dalle quali provengono le sette realtà partner, che insieme rappresentano cinque Paesi: Avitem - Agenzia per le città e i territori sostenibili del Mediterraneo, Anima Investment Network e Ciheam-Iamm-Centro internazionale di studi avanzati sull'Agronomia del Mediterraneo (Francia), MedCities-Network Mediterraneo per lo sviluppo urbano sostenibile (Spagna), Università "Aristotele" di Salonicco (Grecia), Università Agraria di Tirana (Albania) e la Città metropolitana di Bologna (Italia). Ed è proprio quest'ultima che ha ospitato l'incontro di lavoro dei partner e degli stakeholder coinvolti, riunitisi per discutere di buone pratiche, cooperazione internazionale e misure di promozione per l'agricoltura urbana e peri-urbana.

L'appuntamento bolognese si è aperto con un evento grazie al quale far conoscere l'iniziativa e i suoi scopi ad un pubblico più ampio. La mattina del 14 è stata infatti dedicata al seminario internazionale "Verso una rete europea di agricoltura metropolitana: buone pratiche e competenze acquisite", ospitato all'interno della Sala Consiglio di Palazzo Malvezzi. Il convegno si è aperto coi saluti di Marino Cavallo della Città metropolitana di Bologna, che ha presentato il progetto e le sue finalità per poi lasciare la parola ai quattro key note speaker che, coi loro interventi, hanno fornito il quadro generale e la base dalla quale far partire le riflessioni della giornata. A cominciare dalle parole di Stefano Spillare, del Cescocom – Università di Bologna: "Quello di agricoltura urbana e peri-urbana è un concetto che vuole andare oltre il conflitto urbano\rurale e che vuole essere un'infrastruttura per la città sostenibile", affrontando le tre dimensioni (sociale, economica e ambientale) della sostenibilità. A seguire, il professor Mohammed Elrazzaz, dell'Università Internazionale della Catalogna, ha parlato di agricoltura come patrimonio condiviso dell'area mediterranea: "Molte delle pratiche agricole parte del nostro retaggio mediterraneo sono patrimonio dell'Unesco, ed è nostro dovere comune difenderle e preservarle".

È stata poi Franca Roiatti del comune di Milano a prendere la parola, presentando il Milan urban food policy pact: "Il cibo è al centro di molte sfide, ma può diventare parte della soluzione". Per questo, il patto ha proposto l'implementazione di una serie di misure, multisettoriali e condivise con numerose città di tutto il mondo, per la creazione di un sistema d'alimentazione sostenibile.

La sessione si è conclusa con l'intervento di Sara Roversi, che ha presentato gli scopi e la mission del Future food institute: "Le cucine assomigliano molto ai FabLab, perché sono luoghi di innovazione e sperimentazione", ha detto Roversi, per poi aggiungere che "bisogna connettere i grandi e i piccoli attori, per poter davvero cambiare il modo in cui pensiamo e produciamo il cibo".

Subito dopo si è passati al cuore dell'incontro: la presentazione di dieci buone pratiche italiane ed europee, sotto forma di elevator speech affidati ad altrettanti stakeholder e divisi in due blocchi, il primo dedicato a "Modelli di produzione socio economici e sistema peri-urbano" e il secondo a "Modelli di consumo e coinvolgimento della comunità".

Durante il primo blocco sono state raccontate le esperienze di Humus, la rete sociale per la bioagricoltura italiana, che vuole promuovere l'agricoltura biologica sulla base dei quattro principi Ifoam di benessere, equità, ecologia e precauzione; la Fondazione e Parco Villa Ghigi, nata negli anni Ottanta alle pendici dei colli bolognesi e oggi teatro di numerose iniziative didattiche, nonché luogo di salvaguardia di numerosi cultivar locali; Chez le Producteurs, un mercato di prodotti agricoli biologici e a chilometro zero, gestito direttamente da una cooperativa di produttori attiva nell'area metropolitana di Marsiglia; i risultati del progetto di agricoltura metropolitana "Ferme urbaine collective de condamine", a Montpellier; e infine i risultati sulla ricerca del Comune di Salonicco sugli orti urbani cittadini, che si sono rivelati centrali nel promuovere l'inclusione sociale.

Durante il secondo blocco di buone pratiche sono state presentate la Cooperativa Arvaia, una rete di cittadini e coltivatori biologici, che distribuisce i frutti del raccolto ai propri soci, che ne sono gli unici finanziatori, al di fuori delle logiche di mercato; il progetto europeo Agri-Urban, attivo nel comune di Cesena allo scopo di valorizzare le produzioni locali e creare nuove opportunità lavorative; gli Orti urbani di via Salgari a Bologna, dagli anni Settanta un centro di aggregazione sociale; un'indagine sulla Fattoria Blerinas a Tirana, e sulle prospettive dell'agricoltura urbana secondo le tendenze dei consumatori albanesi; e il progetto sociale internazionale Can Pinyol, la creazione di orti urbani ecologici e partecipativi in diversi Paesi mediterranei, che favoriscano l'inclusione anche delle fasce più svantaggiate di popolazione.

In chiusura, Jeanne Lapujade di Anima e Floriane Tamini di Avitem hanno presentato il catalogo delle buone pratiche e la piattaforma digitale di Madre, creati come punto di riferimento e confronto per le future applicazioni pratiche dei risultati del progetto.

Nel pomeriggio, subito dopo la fine del seminario, ha avuto luogo l'incontro di lavoro a porte chiuse, dedicato ai partner e agli stakeholder; grazie alla metodologia del world cafè, i partecipanti si sono confrontati sui principali fattori che ostacolano o facilitano lo sviluppo dell'agricoltura urbana e peri-urbana, e su come concretamente creare un cluster di cooperazione internazionale. In particolare, i diversi tavoli di lavoro hanno discusso della sostenibilità delle reti di cooperazione e dell'impegno politico-istituzionale nel promuovere i progetti e coinvolgere le comunità locali.

Alla discussione dei risultati dei tavoli di lavoro, durante la seconda giornata dell'evento, hanno fatto seguito le visite sul campo a due sedi di buone pratiche di agricoltura urbana presenti a Bologna: la Fattoria urbana al Pilastro gestita dal Circolo La Fattoria, la prima city farm della città e la terza in Italia, realtà che sin dalla sua fondazione usa la coltivazione di orti cittadini come fulcro di aggregazione, grazie anche all'organizzazione di numerose iniziative didattiche; e Fico, il più grande parco agroalimentare del mondo, recentemente inaugurato nella periferia nord est della città, che comprende diverse coltivazioni stagionali e stalle per l'allevamento di animali, il tutto nel rispetto e nella salvaguardia della biodiversità italiana.

Fonte: Ufficio stampa Madre