Attualità
Pomodori, in Europa nuova guerra dei prezzi
Tomasi: «L'Africa fa concorrenza sleale. Così non si può andare avanti»
La forte concorrenza di prezzo sul mercato europeo sta mettendo in seria difficoltà i produttori italiani di pomodoro che, in questi primi mesi dell'anno, si trovano ad affrontare anche il problema dei consumi stagnanti sul fronte interno.
"In Italia, da almeno due mesi a questa parte, i consumi di tutte le verdure sono a livelli bassissimi. Come se non bastasse, c'è un aspetto che sta facendo soffrire maledettamente e ingiustamente le aziende italiane all'estero: la concorrenza sleale dei Paesi africani", spiega Andrea Tomasi (in foto), 33enne titolare dell'Agricola Tomasi, azienda siciliana di Vittoria (Ragusa) che fa parte dell'Op Valleverde e che realizza il 90% del proprio fatturato con l'export di pomodori freschi.
"Il problema di oggi, infatti, non è vendere il pomodoro, ma la pressione incredibile delle quotazioni che si registra nel mercato europeo. E' in corso una vera e propria guerra dei prezzi in Austria, Germania, Polonia e Repubblica Ceca, dove l'Italia si trova a competere con realtà provenienti da Egitto, Marocco, Tunisia e altri Paesi africani che abbattono il prezzo di vendita finale".
Il mercato europeo, osserva il giovane imprenditore, che si definisce un "instancabile ottimista", necessita oggi più che mai di essere regolamentato, per difendere sia i produttori comunitari che i consumatori. E questo vale tanto per il pomodoro, quanto per tutti gli altri prodotti ortofrutticoli. "Così non si può andare avanti - chiosa Tomasi - Regolamentare il mercato non significa fare protezionismo, ma stabilire norme chiare per tutti i partecipanti. Noi produttori siciliani dobbiamo fare valere le nostre ragioni nelle sedi dell'Unione europea, andando a protestare direttamente a Bruxelles, altrimenti nessuno ci ascolterà. I nostri politici non sono stati in grado di tutelarci, ora tocca a noi".
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"In Italia, da almeno due mesi a questa parte, i consumi di tutte le verdure sono a livelli bassissimi. Come se non bastasse, c'è un aspetto che sta facendo soffrire maledettamente e ingiustamente le aziende italiane all'estero: la concorrenza sleale dei Paesi africani", spiega Andrea Tomasi (in foto), 33enne titolare dell'Agricola Tomasi, azienda siciliana di Vittoria (Ragusa) che fa parte dell'Op Valleverde e che realizza il 90% del proprio fatturato con l'export di pomodori freschi.
"Il problema di oggi, infatti, non è vendere il pomodoro, ma la pressione incredibile delle quotazioni che si registra nel mercato europeo. E' in corso una vera e propria guerra dei prezzi in Austria, Germania, Polonia e Repubblica Ceca, dove l'Italia si trova a competere con realtà provenienti da Egitto, Marocco, Tunisia e altri Paesi africani che abbattono il prezzo di vendita finale".
«Il mercato europeo così non funziona, va regolamentato»
"Nel nostro Paese - evidenzia ancora Tomasi - sosteniamo costi esorbitanti per essere in regola, garantire un reddito equo e giusto ai dipendenti, tutelare la salute dei consumatori. I Paesi africani che esportano nell'Ue, invece, non sono tenuti a garantire le nostre stesse norme in materia di diritti dei lavoratori e di sicurezza alimentare e ambientale. La manodopera è pagata a un costo nettamente inferiore, le norme igieniche e le certificazioni sono completamente differenti e si possono utilizzare sostanze chimiche che nell'Unione europea sono bandite. Questo tipo di concorrenza è sleale".Il mercato europeo, osserva il giovane imprenditore, che si definisce un "instancabile ottimista", necessita oggi più che mai di essere regolamentato, per difendere sia i produttori comunitari che i consumatori. E questo vale tanto per il pomodoro, quanto per tutti gli altri prodotti ortofrutticoli. "Così non si può andare avanti - chiosa Tomasi - Regolamentare il mercato non significa fare protezionismo, ma stabilire norme chiare per tutti i partecipanti. Noi produttori siciliani dobbiamo fare valere le nostre ragioni nelle sedi dell'Unione europea, andando a protestare direttamente a Bruxelles, altrimenti nessuno ci ascolterà. I nostri politici non sono stati in grado di tutelarci, ora tocca a noi".
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