De Riso: «Così abbiamo ridato identità al limone d'Amalfi»

Dall'Igp all'Op, tutte le strategie dell'imprenditore campano

De Riso: «Così abbiamo ridato identità al limone d'Amalfi»
Tra le icone della costiera amalfitana, in Campania, ci sono sicuramente i limoni, noti per il sapore intenso e le proprietà benefiche già ai tempi della Repubblica marinara di Amalfi che, grazie alle ampie rotte commerciali nel Mediterraneo, ha contribuito a diffonderne la fama.
Anche dopo il declino di Amalfi, i diligenti contadini della costa hanno continuato il faticoso lavoro di costruzione dei terrazzamenti sui versanti ripidi e rocciosi e l’altrettanto scomodo trasporto del raccolto sui vecchi gradini di pietra. Più recentemente, circa dagli anni ’80, la concorrenza dei limoni d’importazione e la mancata competitività di un prodotto così “difficile” ne avevano però messo in crisi la commercializzazione.

“I nostri limoni mancavano di identità e c’erano tanti piccoli produttori slegati tra loro, oltre a un pericoloso abbandono dei terreni – ricorda a Italiafruit News Carlo De Riso, presidente della Op Costieragrumi di Minori (Salerno), tra i primi a credere nella fattibilità di una rete di produttori – Per rilanciare la limonicoltura, abbiamo iniziato a lavorare sull’aggregazione, unendo le forze per seguire la documentazione, l’amministrazione e poi le certificazioni, fino alla commercializzazione vera e propria”.
 


Così i muretti a secco sono stati ripristinati e i terrazzamenti hanno ricominciato a produrre. E’ grazie anche ai limoni se l’Unesco nel 1997 ha nominato la Costiera amalfitana Patrimonio dell'umanità, attribuendole un valore sì produttivo, ma anche ambientale, idrogeologico, sociale e culturale.
Pochi anni dopo, nel 2002, è nato il Consorzio di tutela Limone Costa d'Amalfi Igp (Indicazione geografica protetta) che, per primo, ha iniziato a certificare l'origine e la qualità dello "sfusato amalfitano", come è anche chiamato il limone per la sua forma allungata e appuntita. La varietà contiene elevati livelli di vitamina C e di acidità, oltre a essere eccezionalmente profumata, con la buccia ricca di oli.
 


“Ora il nostro è uno dei pochi prodotti che non soffre crisi”, osserva l’imprenditore amalfitano, che è stato nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica proprio per lo spirito di intraprendenza e la dedizione a questo territorio.
 
L’Op Costieramalfi è stata riconosciuta dal ministero delle Politiche agricole l’anno scorso e gestisce un totale di circa 110 ettari di superficie facenti capo a 170 associati. Sono però 260 le aziende che conferiscono all’Op. “Insieme, siamo una grande squadra, preserviamo il territorio, favorendo e incrementando il lavoro (nella Op sono impiegate 64 persone, ndr). Abbiamo una missione importante, siamo sentinelle dei giardini di limone”.
 
“Certifichiamo l’80-85% dei Limoni della Costa d’Amalfi Igp, 1.000-1.100 tonnellate su un totale di 1.700 - dice Carlo che gestisce l’azienda insieme ai cugini Evaristo e Giovanni, terza generazione impegnata nell’impresa di famiglia fondata dal nonno – Alla grande distribuzione, che è riuscita a dare visibilità a questo prodotto di nicchia, va quasi il 90% della produzione, soprattutto da Roma in su. Il risultato più bello è che, insieme a loro, siamo cresciuti anche noi, come mentalità innanzitutto e poi come produzione, organizzazione, attenzione ai controlli”.



Poi c’è l’export: Nord Europa, Paesi scandinavi, Emirati arabi. “Esportiamo da dicembre fino a marzo/aprile, poi ci fermiamo – precisa De Riso - Essendo un prodotto raccolto, lavato e selezionato senza trattamenti post-raccolta, lo vendiamo solo fresco pronto consegna. Ad esempio, ora che inizia la fioritura e i limoni sono più delicati (la raccolta avviene più volte l’anno con i frutti della medesima fioritura lasciati in pianta, ndr) riduciamo drasticamente i volumi”.
Solo il 10% è destinato alla lavorazione industriale (per la produzione di dolci e limoncello).
 
Entro la fine dell’anno, a Minori l’antico stabilimento di lavorazione sarà sostituito dal nuovo centro, ottenuto dal restauro della cartiera locale. Quasi 6.000 metri quadrati dedicati alla lavorazione del fresco e del trasformato, con una nuova linea anche per riutilizzare gli scarti, e spazi per degustazioni e show-room.

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