Sacchetti per l'ortofrutta, il consumatore li può portare da casa

Parere del Consiglio di Stato: shopper eco-bio non sempre necessari

Sacchetti per l'ortofrutta, il consumatore li può portare da casa
Il consumatore non è obbligato ad acquistare nel punto vendita il sacchetto ultraleggero per poi comprare la frutta e la verdura sfusa: lo può portare da casa e non deve essere necessariamente in bioplastica. E' quanto ha stabilito il Consiglio di Stato rispondendo a un'istanza del ministero della Salute (parere n. 859 del 29 marzo scorso). L'importante, rileva l'organo giurisdizionale, è che gli shopper ecologici e biodegradabili siano idonei a contenere alimenti. Dopo questo verdetto ci si aspetta dal dicastero guidato da Beatrice Lorenzin un regolamento specifico, anche perché il Consiglio di Stato si spinge oltre, scrivendo che per alcune tipologie di prodotto uno specifico contenitore non sarebbe neppure necessario. I controlli, però, restano in capo ai distributori, che dovrebbero verificare l'idoneità dei sacchetti che i consumatori si portano da casa. Facile, no?

Il parere del Consiglio di Stato

"Fermo restando il primario interesse alla tutela della sicurezza ed igiene degli alimenti - scrivono i giudici di palazzo Spada - è possibile per i consumatori utilizzare nei soli reparti di vendita a libero servizio sacchetti monouso nuovi dagli stessi acquistati al di fuori degli esercizi commerciali, conformi alla normativa sui materiali a contatto con gli alimenti, senza che gli operatori del settore alimentare possano impedire tale facoltà né l’utilizzo di contenitori alternativi alle buste in plastica, comunque idonei a contenere alimenti quale frutta e verdura, autonomamente reperiti dal consumatore. Non può inoltre escludersi, alla luce della normativa vigente, che per talune tipologie di prodotto uno specifico contenitore non sia neppure necessario".

La Commissione riunita per rispondere al quesito del ministero della Salute ha dunque chiarito la disciplina che regolamenta la diffusione e l'uso di borse di plastica in materiale ultraleggero. Queste borse devono essere a pagamento - e il loro prezzo deve risultare sullo scontrino - pertanto si qualificano come un "prodotto che deve essere compravenduto. In questa ottica - sottolineano i giudici del Consiglio di Stato - la borsa, per legge, è un bene avente un valore autonomo e indipendente da quello della merce che è destinata a contenere. Partendo da tale assunto, l’utilizzo e la circolazione delle borse in questione, in quanto beni autonomamente commerciabili, non possono essere sottratte alla logica del mercato. Per tale ragione, non sembra consentito escludere la facoltà del loro acquisto all’esterno dell’esercizio commerciale nel quale saranno poi utilizzate, in quanto, per l’appunto, considerate di per sé un prodotto autonomamente acquistabile, avente un valore indipendente da quello delle merci che sono destinate a contenere. In questa prospettiva, è dunque coerente con lo strumento scelto dal legislatore la possibilità per i consumatori di utilizzare sacchetti dagli stessi reperiti al di fuori degli esercizi commerciali nei quali sono destinati ad essere utilizzati".



L'onerosità delle borse è stata voluta dal legislatore anche per scoraggiare l'abuso delle stesse. Per la Commissione si è quindi voluto "anche incentivare l’utilizzo di materiali alternativi alla plastica, meno inquinanti, quale in primo luogo la carta".

I controlli sui sacchetti portati da casa

A controllare, però, devono sempre essere i distributori. "In considerazione dell’imprescindibile rispetto della normativa in tema di igiene e sicurezza alimentare, ciascun esercizio commerciale sarà tenuto, secondo le modalità dallo stesso ritenute più appropriate, alla verifica dell’idoneità e della conformità a legge dei sacchetti utilizzati dal consumatore, siano essi messi a disposizione dell’esercizio commerciale stesso, siano essi introdotti nei locali autonomamente dal consumatore. In quanto soggetto che deve garantire l’integrità dei prodotti ceduti dallo stesso, può vietare l’utilizzo di contenitori autonomamente reperiti dal consumatore solo se non conformi alla normativa di volta in volta applicabile per ciascuna tipologia di merce, o comunque in concreto non idonei a venire in contatto con gli alimenti".

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