Ceta, per l’ortofrutta la «bolletta» è leggera

L’impatto del trattato di libero scambio con il Canada e di altri accordi sul settore

Ceta, per l’ortofrutta la «bolletta» è leggera
La dichiarazione del ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio, che ha annunciato l’intenzione del Governo di chiedere al Parlamento di non ratificare il trattato di libero scambio con il Canada (Ceta) e altri accordi simili, ha riscosso consenso da più parti e, in particolare, da chi teme gravi ripercussioni per il Made in Italy.

Entrato in vigore in via provvisoria il 21 settembre dell’anno scorso, l’accordo è in attesa di essere ratificato dai Parlamenti di tutti gli Stati membri dell’Ue ma, al momento, si sono espressi solo 11 Paesi su 28: Danimarca, Lettonia, Estonia, Lituania, Malta, Spagna, Portogallo, Croazia, Repubblica Ceca, Austria e Finlandia.
Secondo la Coldiretti, in Italia l’opposizione è giustificata dal fatto che, con il Ceta, l’Unione europea per la prima volta legittimi in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più importanti, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago al Gorgonzola, dal Prosciutto di Parma al San Daniele, ma anche il Parmigiano Reggiano sarà liberamente prodotto e commercializzato dal Paese nord-americano come Parmesan. Ma, soprattutto, si crea un pericoloso precedente che potrebbe ricadere anche nei negoziati con altri Paesi, dal Giappone all’Australia fino ai Paesi del Sudamerica (Mercorsur) che, così, sono autorizzati a chiedere lo stesso tipo di concessioni.

Una situazione per alcuni versi allarmante che, però, non tocca da vicino il settore ortofrutticolo. “Se analizziamo l'impatto sul nostro comparto, nel primo trimestre 2018 l'Italia ha esportato in Canada ortofrutticoli per 4.970 tonnellate (di cui 1.763 mele e 2.861 kiwi, ndr) – dice a Italiafruit News il direttore di Fruitimprese, Carlo Bianchi - Il raffronto con il primo trimestre del 2017 e del 2016 non è lusinghiero. Infatti, l’anno scorso abbiamo esportato 8.324 ton (di cui 1.843 mele e 5.177 kiwi, ndr) mentre, l’anno prima, 8.798 ton (di cui 1.300 mele e 6.626 kiwi)”.
Va detto che quest'anno la produzione di mele e kiwi è stata inferiore, per cui anche questo potrebbe avere contribuito alla riduzione dell'export. “Per quanto riguarda l’Australia - conclude Bianchi - di significativo mandiamo solo il kiwi, tra le sei e le settemila tonnellate annue. Nel primo trimestre 2018 ne abbiamo spedite circa 1.900 ton”.

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