Se il primo requisito chiesto a frutta e verdura da parte dei consumatori italiani è il gusto, parlare di pomodori che non soddisfano questa richiesta per Guido Grasso, titolare della Dorilli di Vittoria (Ragusa), è troppo generico.
“Il pomodoro oggi è comunque
segmentato all'interno della grande distribuzione – dice – Per cui abbiamo il
prodotto commodity, in cui il driver fondamentale è la convenienza alias i prezzi bassi, e il
pomodoro premium, a prezzi più alti, per il quale l'attesa principale del consumatore, a mio avviso, è il gusto. Pensiamo alla
presentazione, al
brand e ad altri criteri, quali
territorio, salubrità e gusto. Di questi tre, quello che può creare delusioni in chi diventa consumatore abituale di prodotto premium è proprio il gusto. Perché il pomodoro ha un lunghissimo periodo di raccolta, la varietà e la territorialità non sono sufficienti per garantire il sapore nel tempo. Ma servono, invece, moderne tecnologie con
serre attive che permettono di non subire gli eventi atmosferici, anche in un territorio altamente vocato come la Sicilia”.
Così, la qualità è una definizione molto più complessa del semplice grado Brix e prende in considerazione la
consistenza, il profumo, il colore, la freschezza. In più, il consumatore è più consapevole e attento a ciò che mangia.
“
La soluzione è la filiera – osserva l’imprenditore siciliano - Nel senso di riuscire a
stringere il parco fornitori a una-due aziende che abbiamo il controllo diretto della produzione e un minimo di tecnologie serricole che garantiscano la qualità costante ricercata. Un meccanismo già conosciuto, e attuato, nel centro-nord Europa”.
“Poi – conclude Grasso – si potrebbero distinguere i fornitori come avviene per l’
olio e il
vino, in modo da rapportarsi in modo differente con coloro che producono commodity e chi, invece, è specializzato per l’alto di gamma”.
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