Uva, la Puglia non si «spacca»

I produttori: «Il cracking ha colpito i vigneti a macchia di leopardo»

Uva, la Puglia non si «spacca»
Il cracking, vale a dire la spaccatura degli acini favorita da piogge abbondanti e prolungate, preoccupa i viticoltori pugliesi ma non troppo.
“Trovo eccessiva la visione del danno da cracking segnalato sulle uva da tavola pugliesi da Cia Agricoltori Italiani (vedi nostro articolo di ieri) - dice Teresa Diomede dell'azienda Racemus di Rutigliano (Bari) - Invito a visitare le nostre produzioni per rendersi conto che i danni ci sono, ma sono altamente localizzati e, quindi, solo su alcune partite”.

La situazione, insomma, non è così grave e i danni sono a macchia di leopardo. “Abbiamo visto e superato anni molto peggiori – prosegue Diomede - Siamo professionali e conosciamo le tecniche per stabilizzare, per quanto possibile, le produzioni”.

Proprio la gestione in campo è evidenziata  da Domenico Liturri dell'azienda Agricoper di Noicattaro (Bari): “Il fenomeno - osserva - è accentuato da condizioni ambientali particolarmente sfavorevoli e, per ridurre l’esposizione a questo tipo di rischio, sarebbe opportuno tornare a modelli e tecniche agronomiche più tradizionali”.

“Anche i nostri vigneti sono stati colpiti da questa fisiopatia, ma grazie a un'attentissima selezione e a un’accurata pulizia dei grappoli, facciamo in modo che le nostre uve arrivino ai consumatori in condizioni ottimali. Purtroppo, però, questo processo comporta un aumento dei costi”.

Nella zona di Trani, in provincia di Barletta-Andria-Trani, il clima non ha infierito. “I problemi di cracking ci sono ma sono molto contenuti – commenta Salvatore Secondulfo della omonima Op – e i grappoli presentano standard qualitativi elevati e una buona tenuta. Insomma, niente di drammatico”.

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