L'uva spagnola entra in Cina. E l'Italia resta a guardare

Ieri a Madrid la firma del protocollo. Rubbi (Cso): serve un'azione istituzionale convinta

L'uva spagnola entra in Cina. E l'Italia resta a guardare
L’uva spagnola entra in Cina. Il Paese iberico guadagna posizioni nel “risiko” dei mercati internazionali. Mentre l’Italia resta alla finestra e, al momento, non ha neppure firmato la modifica al protocollo agrumi che ne consentirà l’invio per via aerea. Un passo diverso e più spedito quello iberico, che spinge Cso Italy a lanciare un ideale appello al ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio a farsi carico di un maggiore impegno sul fronte degli accordi commerciali.
Il presidente del governo spagnolo Pedro Sanchez e il presidente della Repubblica popolare cinese, Xi Jimping, hanno firmato ieri a Madrid una serie di accordi tra cui, appunto, il protocollo agricolo per l'esportazione di uva da tavola spagnola in Cina che stabilirà i requisiti fitosanitari necessari per iniziare le spedizioni verso il colosso asiatico.

Nel 2017 la Spagna ha esportato oltre 143mila tonnellate di uva per un valore di 285 milioni di euro, stando ai dati della Direzione generale delle dogane; oltre il 90% del totale inviato all'estero viene destinato ai Paesi dell'Unione Europea, con il Regno Unito ante-Brexit (103 milioni di euro in valore) e la Germania (54 milioni di euro) a fare la parte del leone.

Principale meta extra Ue è la Norvegia con poco meno di 5mila  tonnellate, per un valore di 12,2 milioni di euro, davanti a Sud Africa, (5,6 milioni di euro), Canada (1,9 milioni di euro) e Emirati Arabi Uniti (un milione di euro). Per l’associazione degli esportatori Fepex, l'apertura dei confini cinesi rappresenta "un'opportunità unica che può contribuire in modo significativo alla diversificazione dei mercati"; soddisfazione a Murcia, principale area esportatrice del Paese con 92mila  tonnellate nel 2017 e Valencia, seconda con 26mila tonnellate.
Il protocollo per l'esportazione di uva da tavola in Cina ha iniziato a essere negoziato più di un anno fa e costituisce l’ultimo tassello dopo i successi legati ai protocolli di  agrumi, pesche, prugne.



“Complimenti agli spagnoli”, commenta Simona Rubbi, responsabile relazioni internazionali e apertura nuovi mercati di Cso Italy, reduce da un viaggio di lavoro a Pechino dove, dieci giorni fa, ha partecipato al workshop Ciqa&Freshfel. “Anche in quella occasione - spiega - è stato ribadito che la Cina vuole continuare a negoziare con i singoli Stati membri dell’Unione Europea”. “E i loro responsabili - aggiunge Rubbi - vanno seguiti costantemente e marcati a uomo; tengono molto al contatto tra omologhi. Serve un supporto della politica, un’azione istituzionale che al momento, da parte dell’Italia, è carente”.

Centinaio è da poco al timone del Mipaaft, “dà l’impressione di essere sensibile a questi temi - puntualizza l’esponente di Cso Italy - ma adesso è arrivato il momento di passare ai fatti: in sospeso, oltre alla modifica del protocollo agrumi, c’è anche il fascicolo pere. Dobbiamo operare in rete e fare pressing, gli operatori sono disponibili ad accompagnare il Ministro per dimostrare compattezza tra pubblico e privato verso il fondamentale obiettivo di ampliare i mercati di riferimento”.

Intanto i competitor non perdono tempo: oltre alla Spagna, anche la Francia si dà da fare, ha aperto numerosi protocolli e lo scorso 8 novembre ha portato a casa la conclusione dell’intesa per lo scalogno, che approderà ai piedi della Grande Muraglia.  

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